Giacomo Oberto

 

Relazione al Consiglio Superiore della Magistratura

sul seminario dal titolo:

«Demain, quel juge impartial»,

organizzato dall’Ecole Nationale de la Magistrature francese

e svoltosi a Parigi il giorno 8 dicembre 2003

 

 

Il giorno 8 dicembre 2003 si è svolto a Parigi un seminario sul tema «Demain, quel juge impartial», organizzato dall’Ecole Nationale de la Magistrature francese. Lo scrivente vi ha preso parte su invito del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha richiesto l’invio di «un’articolata relazione relativa allo svolgimento del corso e alle tematiche trattate, al fine di assicurare un successivo utilizzo in sede di formazione centrale e decentrata». Rispondendo a tale richiesta lo scrivente inoltra quindi al Consiglio Superiore la presente relazione.

 

 

a) Articolazione del seminario. Notazioni introduttive

 

Il colloque in oggetto si è articolato nelle seguenti quattro sessioni: a) Notazioni introduttive; b) Evoluzione giurisprudenziale sul tema dell’imparzialità del giudice; c) Significato del concetto di imparzialità del giudice nell’odierna realtà francese; d) L’imparzialità del giudice in Europa.

Aprendo il colloque, il Direttore dell’Ecole Nationale de la Magistrature, Gilbert Azibert, ha esordito ricordando che l’E.N.M. si occupa ormai da sette anni del tema dell’etica e della deontologia professionale dei magistrati, con particolare riguardo al profilo dell’imparzialità del giudice, organizzando azioni di formazione su temi quali «Impartialité et apparence», «Impartialité et éthique», «Impartialité : vertu ou statut ?». Nel corso del 2002 presso l’Ecole si è inoltre costituito un gruppo di lavoro che, operando nel quadro di un atelier sul tema dell’imparzialità del giudice, ha elaborato una serie di principes directeurs, pubblicati nell’ambito di un lavoro collettaneo dal titolo «L’éthique du juge : une approche européenne et internationale », sotto la direzione di Denis Salas et di Harold Epineuse (testo distribuito a tutti i partecipanti al seminario di Parigi). Nell’ambito della sua presentazione, il Direttore Azibert ha altresì citato la recente costituzione – per iniziativa del ministro della giustizia francese, Dominique Perben – di una apposita commissione sull’etica giudiziaria (Commission d’Ethique de la magistrature), presieduta da Jean Cabannes, Primo Avvocato Generale onorario presso la Cour de Cassation ed ex componente del Conseil constitutionnel (c.d. «Commission Cabannes»), che ha appena pubblicato il suo rapporto finale (disponibile al sito web seguente:

http://www.justice.gouv.fr/publicat/rapportcabannes.pdf).

Ha preso quindi la parola Marcel Lemonde, Presidente di sezione presso la Corte d’appello di Bastia, il quale ha ripercorso la storia del lavoro compiuto dall’atelier organizzato presso l’E.N.M. sul tema dell’imparzialità nel corso dell’ultimo anno. Il relatore ha esordito menzionando la scelta di concentrare l’attenzione del gruppo di lavoro e del colloque dell’8 dicembre sul solo profilo dell’imparzialità del giudice e non del magistrato in generale, attese le incertezze esistenti attualmente in Francia sull’estensibilità del principio di imparzialità al p.m. Al riguardo Lemonde ha ricordato che, mentre per la Cour de Cassation la regola in esame non sarebbe applicabile ai rappresentanti della pubblica accusa, il Conseil Supérieur de la Magistrature ha invece, in sede disciplinare, affermato il principio diametralmente opposto. Il relatore ha quindi proseguito evidenziando come il dovere d’imparzialità del giudice non sia, curiosamente, menzionato dai principali testi di legge francesi: dalla Costituzione, alle norme in tema di ordinamento giudiziario, al codice di procedura civile, al codice di procedura penale; solo alcuni recenti interventi normativi hanno messo in evidenza questo profilo: interventi cui va aggiunto, ovviamente, l’art. 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo e le libertà fondamentali, che costituisce parte dell’ordinamento francese, come del resto di tutti i Paesi aderenti al Consiglio d’Europa.

Marcel Lemonde ha quindi proseguito il suo intervento sottolineando come il gruppo di lavoro costituito presso l’E.N.M. abbia preso in esame testi stranieri sul tema, dal codice etico dei magistrati italiani (di cui una versione francese è stata inserita nel testo summenzionato), al progetto c.d. di Bangalore, al Model Code of Judicial Conduct dell’American Bar Association, ai Principes de déontologie judiciaire del Consiglio Canadese della Magistratura, al parere espresso nel 2002 dal Consiglio Consultivo dei Giudici costituito presso il Consiglio d’Europa. Il relatore è passato quindi ad illustrare in concreto alcuni dei principi tratti dal documento intitolato L’impartialité du juge. Principes directeurs et recommandations, stilato nel corso dell’atelier di cui si è detto in precedenza. In particolare, ha messo in evidenza l’importanza attribuita (dal principio n. 3) alla salvaguardia dell’imparzialità e dell’apparenza d’imparzialità nelle relazioni per così dire «esterne», ed in particolare in quelle con gli organi di stampa.

Un’altra questione toccata dal relatore ha riguardato il profilo dell’adesione del giudice ad associazioni o gruppi che (come ad es. la massoneria) richiedano un giuramento di fedeltà o comunque comportino un vincolo di solidarietà tra gli aderenti (principio n. 13), con ampi riferimenti non solo, come era ovvio, all’esperienza italiana, ma anche a quelle di altri Paesi (Francia e Gran Bretagna) in cui si è posto o si va ponendo il medesimo problema. Infine, un richiamo molto «forte» è stato fatto da Lemonde al principio del «juge-citoyen» (principio n. 12), anche per contrastare i timori, da taluni espressi, di una tyrannie de l’apparence, riaffermando la pienezza dei diritti del giudice in quanto cittadino come gli altri, ancorché sottoposto ad uno specifico (e dai francesi sovente sottolineato) devoir de réserve.

 

 

b) Evoluzione giurisprudenziale sul tema dell’imparzialità del giudice

 

E’ stata quindi la volta di Françoise Tulkens, Giudice presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale ha tracciato un ampio affresco sulla giurisprudenza della Corte di Strasburgo sui temi dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice. Come esattamente rilevato in apertura dalla relatrice, le due questioni (indipendenza e imparzialità) appaiono strettamente legate. Questa stessa idea si trova del resto alla base proprio dal primo parere espresso (nel 2001) dal Consiglio Consultivo dei Giudici costituito presso il Consiglio d’Europa (ai lavori del quale lo scrivente ha avuto l’onore di partecipare quale esperto, incaricato della stesura di un avant projet d’avis, che ha costituito la base per la discussione e la redazione del parere definitivo da parte del Consiglio: cfr. Oberto, L’indépendance de la justice et l’inamovibilité des juges. Avant-projet d’avis sur les normes contenues dans la recommandation n° R (94) 12 du Conseil de l’Europe, sur l’indépendance, l’efficacité et le rôle des juges, in Justice in the World, N° 12, 2002, pag. 16-39; Id., Progetto preliminare di parere sulle norme concernenti l’indipendenza della giustizia e l’inamovibilità dei giudici contenute nella Raccomandazione n° R (94) 12 del Consiglio d’Europa sull’indipendenza, l’efficienza e il ruolo dei giudici , in Riv. dir. priv., 2002, pag. 193-240).

Come si legge infatti al punto 12 del citato parere, «L’indépendance judiciaire présuppose une impartialité totale de la part des juges. Lorsqu’ils tranchent entre les parties, les juges doivent être impartiaux, c’est-àdire exempts de toute relation, préférence, ou biais qui puissent affecter – ou sembler affecter – leur aptitude à se prononcer en toute indépendance. A cet égard, l’indépendance judiciaire découle du principe selon lequel nul ne peut être son propre juge. Ce principe a aussi une importance qui va bien au-delà des parties en litige. Il faut que non seulement les parties au litige, mais aussi la société dans son ensemble puissent avoir confiance dans le système judiciaire. Un juge doit donc non seulement être libre de toute relation, parti pris ou influence abusifs, mais il doit aussi apparaître comme libre de ceux-ci à un observateur avisé faute de quoi la confiance en l’indépendance du pouvoir judiciaire peut être ébranlée».

Françoise Tulkens ha dunque illustrato la giurisprudenza della Corte Europea sul tema, innanzi tutto, dell’individuazione del concetto di «Tribunale», cui fa riferimento l’art. 6 della Convenzione, con particolare riguardo alle figure del giudice istruttore, del giudice di sorveglianza e del pubblico ministero (e in quest’ultimo caso la giurisprudenza sembra chiaramente orientata nel senso dell’esclusione dell’applicabilità dell’art. 6 cit.). In alcune decisioni, poi, la Corte ha ritenuto in contrasto con l’art. 6 cit. varie forme di «subordinazione» di organi giudiziari al potere esecutivo o legislativo, mentre per ciò che attiene alla nomina dei giudici (nel caso di specie: non professionali) la relatrice ha citato il caso Hansen c. Danimarca, in cui la Corte ha escluso la violazione della convenzione, perché la nomina parlamentare era, nel caso di specie, controbilanciata dalla irrevocabilità dello status acquisito.

La relatrice è passata quindi ad evidenziare le differenze tra i concetti di indipendenza e imparzialità sottolineando che, mentre il primo è legato allo status della funzione, il secondo attiene piuttosto ad un atteggiamento (assenza di pregiudizi e di «partito preso», in qualche modo legata alla regola della «parità di armi»), anche se, a ben vedere, i due temi sembrano costituire le due facce di una stessa medaglia.

        Di grande interesse è stata, poi, l’enunciazione dei «meccanismi di sistema» tendenti ad assicurare il rispetto del principio di imparzialità, dalla relatrice distinti in «meccanismi individuali» e in «meccanismi strutturali». Per quanto attiene ai primi Françoise Tulkens ha ricordato gli istituti dell’astensione e della ricusazione, su cui la Corte Europea ha sempre seguito un approccio «caso per caso», affermando la regola della necessità di valutare se i rapporti con le parti  siano «di natura e di intensità tali» da compromettere, nella fattispecie concreta, l’imparzialità o anche solo l’apparenza di imparzialità del giudice. Sul punto la relatrice ha peraltro ricordato anche quella giurisprudenza della Corte per cui la parte che non ha presentato domanda di ricusazione non può poi adire la Corte Europea, allegando una supposta violazione dell’art. 6 della Convenzione (caso Pescador Valero c. Spagna). Per quanto riguarda i c.d. «meccanismi strutturali» la relatrice ha menzionato gli strumenti delle impugnazioni, la collegialità delle decisioni, la necessità di motivazione e la pubblicazione delle decisioni.

Un’ulteriore distinzione è stata poi proposta dalla Tulkens tra imparzialità «soggettiva o personale», da un lato, e «obiettiva o funzionale», dall’altro. Sul primo aspetto (assenza di «partito preso» da parte del giudice) l’imparzialità personale è sostanzialmente presunta dalla Corte (casi (Kingsley c. Gran Bretagna; Sofri c. Italia, Gregory c. Francia), ma il giudice deve saper «prendere le distanze» e non «entrare nella mischia» (caso Buscemi c. Italia). Sull’aspetto dell’imparzialità «oggettiva o funzionale» (quella, cioè, legata alla funzione obiettivamente svolta dal giudice che ha in qualche modo avuto conoscenza anteriore della causa o addirittura partecipato a decisioni sul medesimo caso) la relatrice ha citato i casi Morel c. Francia, McDonnel c. Gran Bretagna e Clay c. Paesi Bassi, come esempi di situazioni in cui la Corte ha affermato la necessità di una valutazione da effettuare sempre caso per caso, posto che il fatto di avere avuto conoscenza della causa in una fase precedente al giudizio non costituisce sempre per ciò solo automatica causa di violazione della regola dell’art. 6 della Convenzione (cfr. il caso Nortier c. Paesi Bassi).

Da rimarcare, infine, la sottolineatura della relatrice relativamente alla necessità di adottare un approccio diverso tra civile e penale (sostanzialmente, più rigido nel secondo caso), posto che in penale gioca il principio della presunzione d’innocenza, mentre in civile va in qualche modo dato rilievo anche alla regola della specializzazione del giudice.

        Ha preso quindi la parola Jean Marie Coulon, Primo presidente onorario della Corte d’appello di Parigi, il cui compito è stato quello di studiare il medesimo tema sotto il profilo della giurisprudenza francese. Al riguardo il relatore ha evidenziato come la Cour de Cassation sembri assumere un atteggiamento più rigido della Corte Europea sul tema dell’imparzialità. Così, ad esempio, la Cassazione francese ha affermato nel 1998 che l’elenco delle cause di ricusazione di cui all’art. 341 Nouveau Code de Procédure Civile francese non è tassativo (v., per la giurisprudenza più recente la decisione n° 1699 del 4 dicembre 2003, reperibile alla pagina web seguente: http://www.courdecassation.fr/agenda/arrets/arrets/01-16420.htm). In altri termini, secondo i supremi giudici francesi, l’art. 6 della Convenzione Europea può essere utilizzato per superare la tradizionale tassatività dell’art. 341 cit. Il tutto, peraltro, nel rispetto di alcuni limiti; così, ad esempio, l’Assemblée Plénière della Cassazione ha deciso, il 24 novembre 2000, che una parte non può invocare l’art. 6 cit. davanti alla Corte francese se la parte medesima non ha provveduto a presentare domanda di ricusazione prima del débat.

Jean Marie Coulon ha quindi ricordato le due decisioni della Cassation rese in data 6 novembre 1998, in materia di procedure cautelari civili. Nella prima, concernente un caso di référé-provision, la Corte ha stabilito l’impossibilità per il giudice che abbia accordato una provvisionale fondata sul carattere «non seriamente contestabile dell’obbligazione» di trattare e decidere la successiva causa di merito; nella seconda, riguardante invece un sequestro conservativo, la Corte ha affermato il principio opposto. Egli ha inoltre citato la decisione, resa in sede disciplinare dal C.S.M. francese il 21 dicembre 1994, sul dovere d’imparzialità del pubblico ministero.

        Il relatore ha concluso il proprio intervento ricordando i principi statuiti dal Consiglio d’Europa sull’argomento: Raccomandazione n° R (94) 12 del Consiglio d’Europa sull’indipendenza, l’efficienza e il ruolo dei giudici; Carta Europea sullo Statuto dei Giudici, approvata dal Consiglio d’Europa nel 1998; Parere n. 1 (2001) del Consiglio Consultivo dei Giudici costituito presso il Consiglio d’Europa. Sul punto lo scrivente, prendendo la parola nel successivo dibattito, ha ricordato che la ricchissima elaborazione di principi in materia di indipendenza ed imparzialità del giudice da parte del Consiglio d’Europa sembra essere stata, purtroppo, del tutto ignorata dall’Unione Europea nel progetto di Costituzione attualmente in discussione (che si limita, in parte qua, ad una meccanica riproduzione del testo dell’art. 6 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo), mentre, per ciò che attiene al Consiglio d’Europa, le ricordate dichiarazioni, raccomandazioni e risoluzioni non hanno valore vincolante per gli Stati aderenti. L’unica soluzione, di fronte all’inerzia degli organi comunitari, sarebbe – ad avviso dello scrivente – quella di tentare la via della promozione di una convenzione internazionale sullo statuto del giudice in Europa, via che, allo stato attuale, potrebbe sembrare più agevolmente percorribile (rectius: meno difficilmente percorribile…) presso il Consiglio d’Europa che non presso l’Unione Europea.

 

 

c) Significato del concetto di imparzialità del giudice nell’odierna realtà francese

 

Il tema del significato del concetto d’imparzialità del giudice nell’odierna realtà francese è stato sviluppato nell’ambito di una tavola rotonda moderata da Denis Salas, Maître de Conférences dell’E.N.M., cui hanno preso parte Didier Marshall, Presidente del Tribunale di grande istanza di Créteil, Marc Robert, Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Riom, Henri Leclerc, avvocato del foro di Parigi e Mattias Guyomar, Maître des requêtes presso il Consiglio di Stato.

        Il primo interventore, Didier Marshall, ha affrontato la questione da un punto di vista estremamente pratico, presentando alcuni casi concreti a lui proposti come capo di un ufficio giurisdizionale di prima istanza. Egli ha inoltre illustrato il conflitto tra le esigenze di specializzazione dei giudici (in particolare nel settore civile), da un lato, e l’interpretazione rigorosa dell’art. 6 della Convenzione operata dalla Corte di Cassazione nel 1998 nella citata decisione in tema di référé-provision, dall’altro. Didier Marshall ha altresì trattato dell’aspetto dell’imparzialità nella scelta dei consulenti tecnici, avuto riguardo alla necessità di evitare favoritismi (o di fornire l’impressione di compiere favoritismi). Egli ha quindi sottolineato il difficile ruolo di controllo esercitato dai capi degli uffici, controllo che va esteso anche ai cancellieri e, più in generale, a tutti i dipendenti degli uffici giudiziari, atteso che una compromissione dell’immagine di imparzialità ben può derivare anche da comportamenti di tali soggetti. 

Mattias Guyomar ha quindi trattato dell’applicazione del principio di imparzialità ai vari tipi di procedimento amministrativo francese, illustrando gli accorgimenti introdotti, in particolare, presso il Conseil d’Etat, avuto riguardo al fatto che il Conseil svolge, come noto, funzioni consultive oltre che giurisdizionali e che nell’esercizio delle prime i consiglieri possono esprimere pareri circa determinati atti la cui validità viene in seguito contestata in sede giurisdizionale. L’interventore ha quindi riferito della prassi seguita dal Conseil d’Etat secondo cui, in apertura d’udienza, il presidente della chambre chiede ai membri del collegio di dichiarare le eventuali cause che potrebbero dar luogo ad astensione o ricusazione.

Di grande interesse e spessore l’intervento di Marc Robert, che, dopo aver evidenziato la più totale assenza di riferimenti al principio di imparzialità nei testi relativi alle funzioni ed ai poteri del pubblico ministero e, dopo avere posto in luce il contrasto che esiste tra dovere di imparzialità e subordinazione gerarchica propria dell’ufficio del parquet (sia al proprio interno che nei riguardi del ministero della Giustizia), ha tuttavia saputo indicare una serie di documenti di livello internazionale in cui tale esigenza sembra emergere in maniera vieppiù imperiosa.

L’analisi è iniziata dalla raccomandazione emessa nel 2000 (n° 19) dal Consiglio d’Europa sul «ruolo del pubblico ministero nel sistema di giustizia penale», raccomandazione che menziona il criterio dell’imparzialità per ben tre volte. L’interventore ha poi ricordato, nel medesimo senso, le conclusioni della Conferenza dei procuratori generali d’Europa, da lui presieduta, nonché i principes directeurs sul pubblico ministero redatti dalla Associazione Internazionale dei Pubblici Ministeri. Sempre dal punto di vista internazionale e comparatistico, lo scrivente potrà ricordare l’art. 13 del codice etico dei magistrati italiani che così esordisce: «Il pubblico ministero si comporta con imparzialità nello svolgimento del suo ruolo», nonché lo Statuto universale del giudice, approvato all’unanimità nel 1999 a Taiwan dall’Unione Internazionale Magistrati che, dopo aver enunciato e dettagliatamente circostanziato il dovere di imparzialità del giudice agli artt. 1 e 5, lo estende al pubblico ministero – cfr. art. 15 – «nei paesi in cui i magistrati del pubblico ministero sono assimilati ai giudici». Ad avviso di Marc Robert i citati documenti evidenziano un’aspirazione dei pubblici ministeri europei (o, quanto meno, di molti di essi) ad un livello di autonomia e di indipendenza più elevato dell’attuale; livello che si può ottenere solo mercé un avvicinamento del loro status a quello dei giudici.

L’avvocato Leclerc, infine, ha espresso una posizione piuttosto critica sulle affermazioni di Marc Robert, cercando (ad avviso dello scrivente, senza troppo profitto) di porre una distinzione tra dovere d’objectivité, che sarebbe proprio del pubblico ministero, e dovere d’impartialité, proprio del giudice. L’interventore, avvocato penalista, ha espresso doglianze nei confronti dell’atteggiamento di troppi giudici francesi, che apparirebbero assai poco imparziali nel corso del dibattimento, sottolineando l’importanza di un’imparzialità che, secondo la felice espressione della prof.ssa Frison Roche, «se donne à voir».

 

 

d) L’imparzialità del giudice in Europa

 

L’argomento in esame è stato dibattuto in seno ad una tavola rotonda moderata da Harold Epineuse, Chargé de mission presso l’Institut des hautes études sur la Justice, cui hanno partecipato John Spencer, Professore all’università di Cambridge, Günter Müller, Primo Presidente Aggiunto di (un non meglio precisato) Landgericht, nonché Consigliere giuridico dell’U.E. per i Paesi candidati all’ingresso nell’Unione, Edmondo Bruti Liberati, Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Milano, nonché Presidente dell’A.N.M. e Charles Gonthier, Giudice della Corte Suprema del Canada.

Il primo interventore ha delineato i temi dell’indipendenza e dell’imparzialità del giudice d’oltre Manica, come strettamente legati ad un risalente sistema di nomina, effettuata – come noto – in maniera praticamente discrezionale dal Lord Chancellor sulla base di una tradizione che, a dispetto dei dubbi che potrebbe sollevare, ha dimostrato di funzionare (in quel sistema, sia ben chiaro!) piuttosto bene. John Spencer ha però anche evidenziato le profonde riforme proposte dal Governo in carica, tendenti a separare del tutto la Court of Appeals dalla House of Lords e ad eliminare, in buona sostanza, l’attuale figura del Lord Chancellor (sostituto da un ministro per i Constitutional Affairs), mentre la selezione dei giudici andrebbe affidata ad una apposita commissione. L’interventore ha espresso seri timori per il futuro, basati sul rischio che un sistema in cui si era, per stratificazioni secolari, raggiunto un certo equilibrio, possa essere seriamente alterato.

Günter Müller ha quindi presentato un excursus storico sulla magistratura tedesca e sulla sua apparente imparzialità, sia al tempo della Repubblica di Weimar, che durante il terzo Reich. Ha quindi messo in luce come il (troppo lento ed ambiguo) processo di successiva «denazificazione» abbia portato nel corso degli anni sessanta all’emersione di un nuovo concetto di imparzialità, non incompatibile con l’attività politica del magistrato e addirittura con l’iscrizione ai partiti politici: diritti, questi, espressamente sanciti oggi dal Richtergesetz. Da questa relazione è emersa dunque un’idea piuttosto diversa da quella usualmente condivisa (per lo meno, nei Paesi neolatini) in tema di imparzialità, forgiatasi quale reazione rispetto ad un sistema in cui una formale estraneità all’attività politica celava invece un assoggettamento completo al potere esecutivo.

        Edmondo Bruti Liberati ha centrato la sua relazione sulla attualità italiana, evidenziando la chiara scelta di campo della magistratura del nostro Paese per un’affermazione del principio di imparzialità che si applichi indifferentemente ai giudici e ai pubblici ministeri. Sottolineato anche il ruolo del principio del giudice naturale e dell’indipendenza interna, l’interventore italiano ha messo in evidenza come in Italia la partecipazione del magistrato alla vita sociale sia vista come un rimedio preventivo nei confronti del rischio, sempre latente, di chiusure corporative. Edmondo Bruti Liberati ha quindi illustrato il ruolo e la storia dell’associazionismo della magistratura italiana, citando la recente decisione della Corte Europea nel caso Dell’Utri c. Italia, in cui la Corte ha escluso la violazione dell’art. 6 della Convenzione, laddove il ricorrente censurava il sistema italiano per non avergli consentito il diritto di ricusare un magistrato per la sua appartenenza ad una corrente dell’associazionismo giudiziario.

Al termine della tavola rotonda Charles Gonthier ha riferito di alcuni casi in materia di imparzialità discussi dalla Corte Suprema canadese ed ha trattato dei principi di deontologia giudiziaria della magistratura di quel Paese.

Le conclusioni del colloque sono state presentate da Guy Canivet, Primo Presidente della Cour de Cassation, il quale – dopo un ampio excursus storico, iniziato con la raccomandazione all’imparzialità rivolta ai giudici nell’editto del Cancelliere Michel de l’Hôpital risalente al 1563 – ha riassunto i punti fondamentali del dibattito, sottolineando l’importanza dell’imparzialità come regola etica e deontologica, ma, nello stesso tempo, quale principio di diritto positivo, obiettivamente rilevante anche dal punto di vista disciplinare. Poste tali premesse, il Presidente Canivet ha concluso il proprio intervento con l’illustrazione delle già citate conclusioni della «commissione Cabannes», tra cui figura, in particolare, una nuova formulazione del giuramento che i nuovi magistrati saranno chiamati a prestare, nella quale il principio d’imparzialità verrà ora espressamente menzionato.