5. Simulazione, vizi del consenso e capacità delle parti nel negozio di separazione consensuale: le tesi della dottrina e della giurisprudenza.

 

Una volta ribadita la natura negoziale degli accordi di separazione consensuale e di divorzio su domanda congiunta, va però constatato che l’applicabilità di alcuni «classici» rimedi negoziali a siffatte intese – e, più esattamente, la possibilità di impugnare queste ultime per incapacità naturale, vizi del consenso, simulazione – trova ancora qualche ostacolo in una parte della giurisprudenza di merito, così come della dottrina. E’ ora giunto il momento di occuparsi anche di questo argomento.

In effetti – a parte la battaglia di retroguardia in cui s’ingaggiano ancora alcune decisioni (veramente, verrebbe da dire, démodées) che negano in via di principio l’applicabilità ai negozi giuridici familiari della normativa contrattuale ([73]), su cui non vale più la pena di spendere nemmeno una parola ([74]) – le opinioni contrarie all’ammissibilità dei rimedi negoziali sembrano poggiare sostanzialmente su di un unico argomento «forte»: vale a dire la (supposta) inconciliabilità di soluzioni che presuppongono la non integrità (o addirittura l’inesistenza) del consensus contrahentium, con il fatto che questo sia manifestato dinanzi al presidente del tribunale, quasi che la «sacralità» del contesto in cui l’intento negoziale si esprime potesse di per sé fornire un’assoluta certezza circa l’esistenza d’un consenso genuino ed esente da vizi di sorta.

Per la similitudine delle argomentazioni rispetto agli argomenti trattati nel presente scritto citerò prima due pronunzie di merito concernenti il tema della capacità naturale delle parti, contenenti conclusioni diametralmente opposte, per passare quindi ai precedenti specifici in materia di simulazione e di vizi del consenso. Con la prima delle due decisioni il tribunale di Napoli ([75]) ha negato l’applicabilità dell’annullamento previsto dall’art. 428 c.c. all’accordo di separazione consensuale, in considerazione della «attiva partecipazione» del presidente all’accordo dei coniugi sulle condizioni della separazione. In senso opposto è invece successivamente andata la Corte d’appello di Milano, che ha affermato, in linea generale, l’applicabilità all’accordo di separazione consensuale dell’azione di annullamento ex art. 428 c.c. per incapacità naturale di una delle parti, argomentando dalla natura di negozio familiare della separazione consensuale, cui «sono applicabili solo quelle norme del contratto che esprimono principi generali del negozio giuridico, quali, appunto, quelle in tema di vizi del consenso e di capacità dei soggetti» ([76]).

Anche in materia di simulazione e di vizi del consenso non fanno certo difetto pronunzie di merito che (esattamente come si è visto in materia di incapacità) considerano d’ostacolo all’applicazione della disciplina contrattuale la presenza, al momento dello scambio dei consensi, del presidente del tribunale, enfatizzandone in maniera del tutto ingiustificata il significato e l’incidenza ([77]). A tali decisioni sembra far eco un’altra giurisprudenza di merito, secondo cui gli accordi sull’assegnazione della casa familiare, ai fini dell’opponibilità al locatore, ai sensi dell’art. 6, terzo comma, l. 27 luglio 1978, n. 392, dovrebbero essere sottoposti ad omologa da parte del tribunale ([78]), quasi a voler proporre la tesi della natura «trilaterale» di tale tipo di intese.

Per fortuna, di fronte a tali dérapages, la Cassazione ha ammesso (ancorché in astratto, ma comunque con il peso della ratio decidendi) la facoltà per i terzi (nella specie: conduttore, nei confronti dei quali il locatore, non assegnatario della casa coniugale intendeva opporre la cessazione della proroga legale, ex art. 4, n. 1, l. 23 maggio 1950, n. 253) di dimostrare la simulazione «della procedura» di separazione ([79]). La stessa Corte, in altra occasione, ha dato per scontato il principio dell’impugnabilità per violenza della convenzione con la quale, in sede di separazione consensuale, si era stabilito che il marito avrebbe ceduto alla moglie taluni beni in cambio della rimessione, da parte di quest’ultima, di una querela per concubinato ([80]).

Proprio quest’ultimo indirizzo viene, sostanzialmente, confermato dalla pronunzia in commento, che prova come anche in questo campo la giurisprudenza di legittimità sappia elargire concessioni consistenti e talora inaspettate verso la negozialità ([81]) tra coniugi in crisi ([82]). Si noti, però, che sullo stesso versante ora occupato dalla Cassazione si collocava da tempo la dottrina più autorevole, a cominciare, addirittura, dal Cicu ([83]), da cui, francamente, di tutto si sarebbe potuto aspettare, tranne che un’apertura di questo genere verso un approccio tanto vicino alla moderna teorica della negozialità dei rapporti tra coniugi in crisi, quanto lontano dalla concezione istituzionale della famiglia ([84]). L’opinione era quindi stata ripresa da altri studiosi, tanto del fenomeno simulatorio ([85]) che della separazione personale dei coniugi ([86]), per confluire quindi nella più recente concezione, ripresa alcuni anni or sono a pie’ pari dalla Corte di cassazione, che individua nella separazione consensuale «uno dei momenti  di  più  significativa  emersione  della  negozialità  nel diritto  di  famiglia» ([87]).

 

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([73]) E’ il caso, per esempio, di Trib. Roma, 14 dicembre 1998, in Fam. e dir., 2000, 60, con nota di Sala, secondo cui «E’ inammissibile la domanda di revoca del de­creto di omologazione della separazione con­sensuale, avanzata da un coniuge sulla base dell’asserita simulazione dell’accordo di sepa­razione omologato, giacché le norme in tema di simulazione dei contratti non sono applicabili ai negozi giuridici familiari, caratterizzati dalla rilevanza di diritti indisponibili e dal controllo dell’autorità giudiziaria»; nello stesso la precedente Trib. Roma, 11 aprile 1996, in Arch. civ., 1997, 410, secondo cui «Nel procedimento di separazione consensuale dei coniugi, in considerazione delle peculiarità del procedimento stesso e del concorso dell’accordo-convenzione dei coniugi con elementi propri del diritto pubblico, deve ritenersi inapplicabile in via analogica l’art. 1414 cod. civ. e inammissibile l’azione di nullità per simulazione».

([74]) Per la critica cfr. le considerazioni svolte supra, nel § precedente; per le critiche più specifiche al precedente di merito citato alla nota precedente cfr. altresì le osservazioni di Sala, Simulazione dell’accordo di separazione consensuale?, cit., 63 s.

([75]) Trib. Napoli, 16 ottobre 1996, in Fam. e dir., 1997, 355, con nota di Torsello Fabbri. La decisione è stata confermata da App. Napoli, 27 ottobre 1998, in Gius, 1999, 775.

([76]) Cfr. App. Milano, 18 febbraio 1997, cit. Si noti che, nel caso di specie, la domanda d’annullamento è stata ritenuta inammissibile in quanto limitata ad una clausola dell’accordo medesimo, la cui natura si è dichiarata  inscindibile.

([77]) Cfr. App. Milano, 22 febbraio 1983, cit., in materia di azione di annullamento per dolo, secondo cui «Non è ammissibile la domanda diretta ad accertare l’invalidità del consenso, alla separazione consensuale dei coniugi, per simulazione, qualora la simulazione venga dedotta in via alternativa al dolo che si assume essere stato posto in essere dall’altro coniuge, e la cui incidenza sulla manifestata volontà di separarsi non può peraltro ipotizzarsi stante la presenza e l’intervento, all’udienza ex art. 711 cod. proc. civ., del presidente del tribunale. allorché sia stata pronunciata la separazione personale, temporanea o definitiva, a seguito di accertata intollerabilità della convivenza, non è ammissibile dichiararla successivamente con addebito, valutando sotto altri profili il pregresso comportamento dei coniugi». Si noti che in motivazione si afferma addirittura che, per riconoscere l’invalidità dell’intesa «il dolo avrebbe dovuto (…) coinvolgere anche il giudice, vuoi come attore, vuoi come destinatario dell’azione fraudolenta». V. inoltre Trib. Genova, 9 febbraio 1981, C.E.D. – Corte di cassazione, Arch. MERITO, pd. 820210 (edita come Trib. Genova, 13 febbraio 1981, in Dir. fam. pers., 1981, p. 798), in materia di azione di annullamento per errore di diritto. Contra, per l’astratta ammissibilità di un’azione diretta alla pronunzia di annullamento della separazione consensuale, v. Trib. Roma, 27 gennaio 1986, in C.E.D. – Corte di cassazione, Arch. MERITO, pd. 860386: «Vicenda: dopo che era stata omologata la separazione consensuale, il marito conveniva in giudizio la moglie per veder mutato il titolo della separazione in ‘con addebito’ nei confronti della moglie a causa del suo comportamento contrario [ai doveri] derivanti dal matrimonio. Il tribunale ha dichiarato improponibile la domanda. Ragioni della decisione: anche se nella fattispecie veniva dichiarato il dolo della moglie che aveva tenuto nascosto sia una relazione extra coniugale che l’intenzione di trasferirsi con i propri figli nella casa dell’amante, è necessario, se è esistito un vizio del consenso, rimuovere prima la separazione consensuale attraverso una sentenza passata in giudicato. Inoltre necessiterebbe non solo dimostrare l’esistenza dei raggiri, ma anche che senza di essi il marito non sarebbe addivenuto alla separazione».

([78]) Pret. Siracusa, 23 febbraio 1988, in Giur. merito, 1989, 564; Pret. Milano, 30 dicembre 1988, in Foro it., 1989, I, 2048; Archivio locaz. cond., 1989, 120; sul tema cfr. inoltre Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 935 ss.

([79]) «L’assegnazione in sede di separazione personale ancorché consensuale della casa di abitazione ad uno dei coniugi integra, a favore dell’altro, lo stato di urgente ed improrogabile necessità che, ai sensi dell’art. 4 n. 1 della legge n. 253 del 1950, lo legittima a far cessare la proroga legale del contratto di locazione relativo ad un proprio alloggio, senza che assuma rilievo – salva la facoltà della controparte di provare la simulazione della procedura di separazione – la circostanza che detto coniuge non abbia abbandonato il domicilio coniugale, comportando la convivenza sotto lo stesso tetto con il coniuge separato un maggior bisogno di ottenere la disponibilità dell’appartamento locato a terzi» (Cass., 18 dicembre 1986, n. 7681; contra Trib. Milano, 17 dicembre 1998 e Trib. Roma, 14 dicembre 1998, in Gius, 1999, 1087).

([80]) Cass., 20 marzo 1976, n. 1008; nello stesso senso cfr. anche F. Finocchiaro, Del matrimonio, II, in Commentario del codice civile Scialoja-Branca, a cura di Galgano, Bologna-Roma, 1993, 465; per un’analoga interpretazione del rationale della citata pronunzia di legittimità cfr. Ronco, nota a App. (erroneamente indicata come Trib.) Bologna, 7 maggio 2000, in Giur. it., 2001, 66 (si noti che la decisione reca invece la data 17 maggio 2000 in Foro it., 2000, I, 3616); per una panoramica sulle discordanti opinioni esistenti nella dottrina e nella giurisprudenza francesi in tema di impugnabilità per vizi del consenso della convenzione omologata di divorzio sur demande conjointe cfr. H. Mazeaud, L. Mazeaud, J. Mazeaud e Chabas, Leçons de droit civil, I, 3, La famille, Paris, 1995, 675 s.

([81]) Per informazioni su questo concetto cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 38 s.

([82]) Per una disamina critica della giurisprudenza relativa a quei settori in cui invece la Cassazione mostra ancora ermetiche chiusure verso il pieno dispiegarsi della libertà contrattuale inter coniuges (e, segnatamente, quelli della disponibilità del contributo per il mantenimento del separato e dell’assegno per il divorziato, nonché delle intese concluse «in vista» della separazione e/o del divorzio) cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 388 ss., 493 ss.

([83]) Cfr. Cicu, Il diritto di famiglia. Teoria generale, Roma, 1914, 240: «Ciò è più evidente nella separazione consensuale. Invero per l’adozione si può dubitare che quelle stesse esigenze che operano imperiosamente nel matrimonio, possano anche giustificare si tenga fermo il rapporto costituito, perché sia salvo l’interesse che per la famiglia e lo Stato rappresen­ta l’obbligo alimentare costituito, ed in genere il vantaggio che all’adottato derivi dall’adozione. Per la separazione con­sensuale invece non v’è alcun interesse famigliare‑statuale che esiga essa sia tenuta ferma: colla prova dell’accordo pre­esistente si potrà sempre impugnare la pronunzia intervenuta, impugnativa che può anche ritenersi non necessaria, dato che non è necessaria una nuova pronunzia per eliminare gli effetti della separazione in caso di riconciliazione: si potrà cioè dimostrare che una separazione non vi è mai stata, salvo vedere se nei rapporti coi terzi non sia necessario risulti un ripristinamento dei rapporti coniugali».

([84]) Propugnata, come noto, dallo stesso Cicu agli inizi del secolo; su tale concezione v., anche per gli ulteriori rinvii, Sesta, Il diritto di famiglia tra le due guerre e la dottrina di Antonio Cicu, in Cicu, Il diritto di famiglia. Teoria generale, Lettura di Michele Sesta, Momenti del pensiero giuridico moderno. Testi scelti a cura di Pietro Rescigno. Redattore Enrico Marmocchi, Sala Bolognese, 1978, 1 ss., 47 ss.; Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 103 ss.

([85]) Cfr. per esempio Butera, op. cit., 185: «Il processo verbale di separazione consensuale tra coniugi, menzionato negli art. 15 Cod. civile e 811 c.p.c., non esce fuori dai termini di un puro rapporto contrattuale e però come è impugnabile con l’azione pauliana, è, altresì, annullabile con l’azione di simulazione, per quanto ciò, forse, sia poco pratico. L’omologazione del tribunale non è un elemento costitutivo della separazione personale, ma una semplice condizione di eseguibilità. Se l’omologazione del tribunale avesse carattere costitutivo del rapporto, la sua vis attractiva, come dichiarazione, di volontà pubblica, verrebbe a sovrapporsi alla dichiarazione di volontà privata e in tal caso ognun vede che non potrebbe discorrersi di azione d’impugnativa per simulazione».

([86]) Cfr. per esempio Azzolina, La separazione personale dei coniugi, Torino, 1951, 195: «La natura convenzionale del negozio di separazione fa sì che a quest’ultimo riescano applicabili talune norme particolari alla disciplina dei negozi giuridici di diritto privato, specialmente per quanto riguarda la manifestazione della volontà. Così, ad es., esattamente secondo noi, è stato ritenuto (App. Trani, 23 giugno 1899, in Giur. it., 1899, I, 2, 627) che ‘si può ritenere simulato e fatto in frode a dei creditori anche un istrumento di separazione personale per mutuo consenso’. Nessun principio, infatti, osta all’impugnazione da parte dei terzi di un atto che, in quanto volontario, può certamente essere oggetto di simulazione. Così ancora, è stato ritenuto che la convenzione di separazione non sia sottratta all’impugnazione per vizio di consenso (App. Milano, 8 novembre 1940, in Riv. dir. matrim., 1940, 390). Ed anche in tale principio si può consentire, pur avvertendo che date le formalità e le cautele imposte dalla legge per la conclusione del negozio (la quale avviene con la cooperazione de presidente del tribunale), la prova del vizio sarà di necessità ardua, e dovrà esser fornita in modo particolarmente rigoroso».

([87]) Il riferimento è a Zatti, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, III, Torino, 1982, 125, 126, da cui l’estensore di Cass., 4 febbraio 1993, n. 2270 e Cass., 22 gennaio 1994, n. 657, citt., ha tratto la frase testé riportata; v. inoltre, per un impiego del termine «negozialità» nel senso qui indicato, Zatti e Mantovani, La separazione personale dei coniugi (artt. 150-158 c.c.), Padova, 1983, 382; Galgano, Il negozio giuridico, Milano, 1988, 491; Alpa e Ferrando, op. cit., 506; Mantovani, Separazione personale dei coniugi. I) Disciplina sostanziale, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1992, 28; Zatti, I diritti e i doveri che nascono dal matrimonio e la separazione dei coniugi, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, III, Torino, 1996, 135, 137, 138, nota 12.

Per l’impugnabilità per simulazione e vizi del consenso dell’accordo di separazione consensuale e dei negozi ad esso collegati, nonché per ulteriori riflessioni e richiami sull’argomento cfr. Oberto, I contratti della crisi coniugale, cit., 234 ss.; Id., La natura dell’accordo di separazione consensuale e le regole contrattuali ad esso applicabili (I), cit., 601 ss.; Id., La natura dell’accordo di separazione consensuale e le regole contrattuali ad esso applicabili (II), cit., 86 ss.; più di recente cfr. anche Sala, Simulazione dell’accordo di separazione consensuale?, cit., 61 ss. Per una panoramica della dottrina e della giurisprudenza francesi, tendenzialmente contrarie ad ammettere l’impugnativa per vizi del consenso, la revocatoria, o la rescision pour lésion, della convention définitive nell’ambito del divorce sur requête conjointe, sulla base della teoria che attribuisce all’intervento giurisdizionale funzione costitutiva, cfr. Bénabent, Droit civil. La famille, Paris, 1994, 248. Per una serie di dettagliate informazioni sui rimedi negoziali (fraud, duress, indue influence, unconscionability, mistake) nell’esperienza statunitense dei separation e degli antenuptial agreements cfr. Lindey e Parley, Lindey on Separation Agreements and Antenuptial Contracts, New York-Oakland, 1994, I, § 6.01, II, § 25.09, III, § 90.06; v. inoltre Giaimo, I contratti paramatrimoniali in Common Law, Palermo, 1997, 62 ss.; per la dottrina più risalente v. Pollock, Principles of Contract at Law and in Equity, New York, 1906, 414, 678. Per il sistema inglese v. Cretney e Masson, Principles of Family Law, London, 1997, 97, i quali peraltro rilevano che «in practice, the existence of the statutory power to vary maintenance agrements, coupled with the statutory rule that an agreement ousting the jurisdiction of the court is void (…) mean that it is rarely necessary to invoke these contractual doctrines in order to obtain a review of a private agreement».

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