CASSAZIONE CIVILE, sez. I, sent. 21 dicembre 2012, n. 23713 - Pres. Carnevale - Rel. Dogliotti
Divorzio – Accordi stipulati prima delle nozze tra i futuri coniugi sulle
conseguenze patrimoniali del divorzio o in sede di separazione consensuale in
vista del divorzio – Nullità per illiceità della causa in quanto in contrasto
con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (art.
160 c.c.).
(C.c. artt. 160, 1343, 1418 c.c.)
In linea generale, gli accordi sulle
conseguenze patrimoniali del divorzio conclusi prima del matrimonio, così come
quelli stipulati in sede di separazione consensuale e in vista del futuro
divorzio, sono nulli per illiceità della causa, perché in contrasto con i
principi di indisponibilità degli status
e dello stesso assegno di divorzio.
Divorzio – Accordi stipulati prima delle nozze tra i futuri coniugi sulle
conseguenze patrimoniali del divorzio o in sede di separazione consensuale in
vista del divorzio – Accordi che intendono regolare l’intero assetto
economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come la corresponsione di
assegno), con possibili arricchimenti e impoverimenti – Nullità – Contratti
caratterizzati invece da prestazioni e controprestazioni tra loro
proporzionali, in cui la crisi del rapporto viene in considerazione alla
stregua di una condizione – Nullità – Esclusione.
(C.c. artt. 160, 1343, 1418 c.c.)
Gli accordi sulle conseguenze patrimoniali
del divorzio conclusi prima del matrimonio, così come quelli stipulati in sede
di separazione consensuale e in vista del futuro divorzio, sono nulli allorquando
intendono regolare l’intero assetto
economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come la corresponsione di
assegno), con possibili arricchimenti e impoverimenti; questi accordi sono
invece validi nel caso in cui prevedano prestazioni e controprestazioni tra
loro proporzionali, in un contesto in cui la crisi del rapporto viene in
considerazione alla stregua di una condizione.
Divorzio – Accordo stipulato prima delle nozze tra i futuri coniugi in forza del
quale si prevede che la moglie cederà al marito un immobile di sua proprietà,
quale indennizzo delle spese sostenute dallo stesso per la ristrutturazione di
altro immobile, pure di sua proprietà, da adibirsi a casa coniugale – Espressa sottoposizione dell’efficacia di
tale intesa al «fallimento» (separazione o divorzio) del rapporto matrimoniale
tra le parti – Nullità dell’accordo per illiceità della causa –
Esclusione – Nullità dell’accordo per violazione dell’art. 160 c.c. –
Esclusione – Validità dell’accordo stesso quale contratto atipico, espressione
dell’autonomia negoziale dei coniugi, sicuramente diretto a realizzare
interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322 cpv. c.c. –
Configurabilità – Presenza di una datio in solutum, in cui il «fallimento del
matrimonio» non rappresenta la causa genetica dell’accordo, ma è degradato a
mero evento condizionale – Configurabilità.
(C.c. artt. 160, 1197, 1322, 1343,
1418 c.c.)
L’accordo stipulato prima delle nozze tra i
futuri coniugi, in forza del quale si prevede che la moglie cederà al marito un immobile di sua
proprietà, quale indennizzo delle spese sostenute dallo stesso per la
ristrutturazione di altro immobile, pure di sua proprietà, da adibirsi a casa
coniugale, non configura un’ipotesi di accordo prematrimoniale nullo per
illiceità della causa, né, in particolare, per violazione dell’art. 160 c.c., ma
un contratto atipico, espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi,
sicuramente diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art.
1322 cpv. c.c.; tale intesa consiste infatti in una datio in solutum, in cui l’impegno negoziale assunto è collegato
alle spese affrontate, e il fallimento del matrimonio non rappresenta la causa
genetica dell’accordo, ma è degradato a mero evento condizionale.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI |
|
Conformi |
Sulla prima massima: Cass., 11 giugno 1981, n.
3777; Cass., 5 dicembre 1981, n. 6461; Cass., 11 dicembre 1990, n. 11788;
Cass., 2 luglio 1990, n. 6773; Cass., 1 marzo 1991, n. 2180; Cass., 6
dicembre 1991, n. 13128; Cass., 4 giugno 1992, n. 6857; Cass., 11 agosto
1992, n. 9494; Cass., 28 ottobre 1994, n. 8912; Cass., 7 settembre 1995, n.
9416; Cass., 20 dicembre 1995, n. 13017; Cass., 20 febbraio 1996, n. 1315;
Cass., 11 giugno 1997, n. 5244; Cass., 20 marzo 1998, n. 2955; Cass., 18
febbraio 2000, n. 1810; Cass., 9 maggio 2000, n. 5866; Cass., 12 febbraio
2003, n. 2076; Cass., 9 ottobre 2003, n. 15064; Cass., 10 marzo 2006, n. 5302;
Cass., 10 agosto 2007, n. 17634; Cass., 25 gennaio 2012, n. 1084; Trib.
Varese, 29 marzo 2010. |
Difformi |
Sulla prima massima: Cass., 13 gennaio 2012 n. 387 (precedente inconsapevole); Trib. Torino, 20 aprile 2012. |
...
Omissis ...
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 14
dicembre 2005 il Tribunale di Macerata dichiarava la cessazione degli effetti
civili del matrimonio tra P.M. e O.L.; affidava alla madre i figli minori, ponendo
a carico del padre un contributo periodico al loro mantenimento; rigettava altresì
la domanda riconvenzionale dell’O., volta ad ottenere sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., per la esecuzione in
forma specifica dell’impegno assunto, con scrittura privata, dalla P., prima del
matrimonio, di trasferire all’O. stesso la proprietà di immobile, in caso di “fallimento”
del matrimonio stesso.
Avverso tale sentenza proponeva
appello l’O., limitando il gravame alla questione della validità ed
eseguibilità del predetto impegno, assunto dalla moglie. Costituitasi, la P.
chiedeva rigettarsi l’appello. La Corte di Appello di Ancona, con sentenza in data
28/02/2007 - 14/03/2007, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di
Macerata, dichiarava valido ed efficace, nei confronti dell’O., il predetto impegno
negoziale della P., omettendo peraltro pronuncia ex art. 2932 c.c., ed invitando la parte interessata ad attivarsi,
al riguardo, in separata sede. Ricorre per cassazione la P. Non svolge attività
difensiva l’O.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente sostiene che la scrittura
privata in questione trarrebbe il proprio titolo genetico dal matrimonio e
integrerebbe violazione dell’art. 160 c.c., ove si precisa che i coniugi non
possono derogare ai doveri e diritti nascenti dal matrimonio.
Con il secondo lamenta la ricorrente insufficiente e
contraddittoria motivazione della sentenza impugnata all’interpretazione della
predetta scrittura. La scrittura privata, sottoscritta dai nubendi il giorno
prima della celebrazione del matrimonio, prevede che, in caso di suo fallimento
(separazione o divorzio), la P. cederà al marito un immobile di sua proprietà,
quale indennizzo delle spese sostenute dallo stesso per la ristrutturazione di
altro immobile, pure di sua proprietà, da adibirsi a casa coniugale; a saldo,
comunque, l’O. trasferirà alla moglie un titolo BOT di L. 20.000.000.
E’ evidente che la ricorrente inquadra la predetta scrittura tra
gli accordi prematrimoniali in vista del divorzio, molto frequenti in altri
Stati, segnatamente quelli di cultura anglosassone, dove essi svolgono una
proficua funzione di deflazione delle controversie familiari e divorzili.
Come è noto, la giurisprudenza è orientata a ritenere tali
accordi, assunti prima del matrimonio o magari in sede di separazione
consensuale, e in vista del futuro divorzio, nulli per illiceità della causa, perché
in contrasto con i principi di indisponibilità degli status e dello stesso assegno di divorzio (per tutte, Cass. N. 6857
del 1992). Tale orientamento è criticato da parte della dottrina, in quanto
trascurerebbe di considerare adeguatamente non solo i principi del diritto di
famiglia, ma la stessa evoluzione del sistema normativo, ormai orientato a
riconoscere sempre più ampi spazi di autonomia ai coniugi nel determinare i
propri rapporti economici, anche successivi alla crisi coniugale. (E’ assai
singolare che invece siano stati ritenuti validi accordi in vista di una dichiarazione
di nullità del matrimonio, perché sarebbero correlati ad un procedimento dalle
forti connotazioni inquisitorie, volto ad accertare l’esistenza o meno di una
causa di invalidità del matrimonio, fuori da ogni potere negoziale di
disposizione degli status: tra le
altre, Cass. N. 348 del 1993).
Giurisprudenza più recente di questa Corte ha invece sostenuto che
tali accordi non sarebbero di per sé contrari all’ordine pubblico: più
specificamente il principio dell’indisponibilità preventiva dell’assegno di
divorzio dovrebbe rinvenirsi nella tutela del coniuge economicamente più
debole, e l’azione di nullità (relativa) sarebbe proponibile soltanto da questo
(al riguardo, tra le altre, Cass. N. 8109 del 2000; n. 2492 del 2001; n.
5302/2006).
Va peraltro precisato che la sentenza impugnata, sorretta da
motivazione ampia, articolata e non illogica, ha fornito un preciso
inquadramento della scrittura privata in esame. Si tratta, all’evidenza, di
valutazione di merito, insuscettibile di controllo in questa sede, ove immune
da errori di diritto.
L’impegno negoziale della P., una sorta di datio in solutum, viene collegato alle spese affrontate dall’O. per
la sistemazione di altro immobile adibito a casa coniugale, e il fallimento del
matrimonio non viene considerato come causa genetica dell’accordo, ma è
degradato a mero “evento condizionale”. Prosegue la Corte di merito precisando
che, ove causa genetica fosse il matrimonio (e il suo fallimento), l’impegno
predetto, una sorta di sanzione dissuasiva volta a condizionare la libertà
decisionale degli sposi anche in ordine all’assunzione di iniziative tendenti
allo scioglimento del vincolo coniugale, sarebbe sicuramente nullo.
Ma indice di tale ipotesi potrebbe essere soltanto una notevole
sproporzione delle prestazioni, al contrario non provata.
L’argomentazione è censurata dalla ricorrente, ma, al contrario,
la Corte territoriale ha fatto buon uso delle regole di ermeneutica
contrattuale, in particolare con riferimento all’art. 1363 c.c., per cui le
clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre,
attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.
Si tratterebbe in definitiva - si può aggiungere - di un accordo
tra le parti, libera espressione della loro autonomia negoziale, estraneo
peraltro alla categoria degli accordi prematrimoniali (ovvero effettuati in
sede di separazione consensuale) in vista del divorzio, che intendono regolare
l’intero assetto economico tra i coniugi o un profilo rilevante (come la
corresponsione di assegno), con possibili arricchimenti e impoverimenti. Nella
specie, dunque un accordo (rectius:
un vero e proprio contratto) caratterizzato da prestazioni e controprestazioni
tra loro proporzionali, secondo l’inquadramento effettuato dal giudice a quo.
Come si è detto, una motivazione adeguata e non illogica, e immune
da errori di diritto.
Come è noto, ai sensi dell’art. 1197 c.c., il debitore non può
liberarsi eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta, salvo che il
creditore vi consenta; l’obbligazione si estingue quando la diversa prestazione
è eseguita. Nella specie, il trasferimento di immobile può sicuramente
costituire adempimento, con l’accordo del creditore, rispetto all’obbligo di
restituzione delle somme spese per la sistemazione di altro immobile, adibito a
casa coniugale.
La condizione, nella specie sospensiva (il “fallimento” del
matrimonio) non può essere meramente potestativa ai sensi dell’art. 1355 c.c.,
e cioè dipendere dalla mera volontà di uno dei contraenti (ciò che, nella
specie, non potrebbe verificarsi, considerando, evidentemente, le parti tale “fallimento”,
come fattore oggettivo, indipendentemente da eventuali responsabilità
addebitabili all’uno o all’altro coniuge).
La condizione neppure può porsi in contrasto con norme imperative,
l’ordine pubblico, il buon costume (in tal caso renderebbe nullo il contratto,
ai sensi dell’art. 1354 c.c.). Dunque nulla sarebbe una condizione contraria
all’art. 160 c.c., sopra indicato. E tuttavia, nella specie, essa appare
pienamente conforme a tale disposizione, ove si consideri che in costanza di
matrimonio (e prima della crisi familiare) opera tra i coniugi il dovere
reciproco di contribuzione di cui all’art. 143 c.c.: il linguaggio comune
spiega il significato ad esso attribuito dal legislatore, è la parte che
ciascuno conferisce, con cui si concorre, si coopera ad una spesa, al
raggiungimento di un fine. Con la contribuzione si realizza dunque il
soddisfacimento reciproco dei bisogni materiali e spirituali di ciascun
coniuge, con i mezzi derivati dalle sostanze e dalle capacità di ognuno di
essi.
Può sicuramente ipotizzarsi che, nell’ambito di una stretta
solidarietà tra i coniugi, i rapporti di dare ed avere patrimoniale subiscano,
sul loro accordo, una sorta di quiescenza, una “sospensione” appunto, che
cesserà con il “fallimento” del matrimonio, e con il venir meno,
provvisoriamente con la separazione, e definitivamente con il divorzio, dei
doveri e diritti coniugali.
Condizione lecita dunque nella specie di un contratto atipico,
espressione dell’autonomia negoziale dei coniugi, sicuramente diretti a
realizzare interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322 c.c., comma
2.
Vanno pertanto rigettati i due motivi, in quanto infondati e,
conclusivamente, il ricorso stesso.
Non è ravvisabile alcun provvedimento sulle spese non avendo
l’intimato svolto alcuna attività difensiva in questa sede.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
A norma del D.L. n. 196 del 2003, art. 52, in caso di diffusione
del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri atti
identificativi delle parti, dei minori e dei parenti, in quanto imposto dalla
legge.
... Omissis ...