Giacomo Oberto

 

LA RILEVANZA DELLA

RESIDENZA ABITUALE DEL CONIUGE

IN DIRITTO COMUNITARIO,

NELLA DETERMINAZIONE DELLA GIURISDIZIONE E DELLA LEGGE APPLICABILE,

IN RELAZIONE AI PROCEDIMENTI DI

SEPARAZIONE E DIVORZIO.

LA LITISPENDENZA INTERNAZIONALE.

I PROVVEDIMENTI PROVVISORI E CAUTELARI

IN CASI D’URGENZA

 

Traccia ipertestuale della relazione svolta al convegno

 

MATRIMONI MISTI

NUOVE FRONTIERE E PROBLEMATICHE PER L’AVVOCATO FAMILIARISTA

 

organizzato dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Torino

Torino - 30 marzo 2011

 

Sommario:

1. Premessa. Diritto europeo della famiglia: tra cooperazione giudiziaria in materia civile e determinazione della legge applicabile.

2. Il rilievo «extracomunitario» ed «ecumenico» delle disposizioni del Regolamento n. 2201 del 2003 in tema di determinazione della competenza giurisdizionale.

3. Divorzio immediato e ordine pubblico internazionale italiano.

4. I criteri di competenza in materia di crisi coniugale «transfrontaliera»: le loro principali caratteristiche.  

5. I criteri di competenza in materia di crisi coniugale «transfrontaliera»: individuazione.

6. La nozione autonoma del concetto di residenza abituale.         

7. Il criterio della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003 da parte della Cassazione italiana.

8. Il criterio della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003 da parte della Cassazione francese.

9. Il carattere della stabilità nella determinazione della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003.

10. Il rilievo dell’elemento intenzionale nella determinazione della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003.    

11. Il rilievo, ai fini della competenza giurisdizionale, della doppia cittadinanza dei coniugi.  

12. Il rilievo ex officio del difetto di competenza giurisdizionale.

13. L’influenza del concetto di «residenza abituale» sulla determinazione della legge applicabile.

14. La litispendenza internazionale nel contenzioso sulla crisi coniugale.                 

15. I provvedimenti provvisori e cautelari in casi d’urgenza.

 

 

1. Premessa. Diritto europeo della famiglia: tra cooperazione giudiziaria in materia civile e determinazione della legge applicabile.

 

Il tema assegnato prende in considerazione – avuto riguardo alle cause di separazione e divorzio caratterizzate dalla presenza di elementi di estraneità – due distinti profili:

·       quello della determinazione del giudice dotato di competenza giurisdizionale e

·       quello della determinazione della legge applicabile.

 

Il primo punto si iscrive nell’ «ottica di Bruxelles»:

·       per un breve excursus dalla convenzione di Bruxelles al Regolamento Bruxelles I e al Reg. Bruxelles II e II bis cfr. la pagina web seguente: http://giacomooberto.com/giornataeuropea2007/contenzioso_ue_I.htm

 

Il secondo attiene all’ «ottica di Roma»:

·       per una storia della proposta detta «Roma III» v. la pagina web seguente: http://giacomooberto.com/giornataeuropea2007/contenzioso_ue_II.htm;

·       sulla successiva proposta di cooperazione rafforzata cfr. il sito web seguente: http://conflictoflaws.net/2010/commissions-proposal-on-applicable-law-to-divorce;

·       sul successivo Regolamento (UE) N. 1259/2010 del Consiglio del 20 dicembre 2010 relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale cfr. il sito web seguente: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2010:343:0010:01:IT:HTML.

 

Il Regolamento prevede che dal 2012 trovino applicazione nuove regole uniformi europee per quanto concerne la legge applicabile alle controversie in materia di separazione personale e divorzio.

I coniugi avranno la facoltà di scegliere in accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione a patto e condizione che si tratti:

·      della legge dello stato di residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo;

·      della legge dello stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi, nel caso in cui uno di essi vi risieda ancora al momento della conclusione dell’accordo;

·      della legge dello stato di cui uno dei coniugi abbia la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo;

·      o, infine, della legge del foro.

 

Tale regolamento è stato approvato in seguito alla decisione di avvalersi della procedura di cooperazione rafforzata. Ciò significa che il nuovo testo si applica solamente agli stati che hanno deciso esplicitamente di aderirvi (14 su 27), che nello specifico sono: Belgio, Bulgaria; Germania, Spagna, Francia, Italia, Lettonia. Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo, Romania e Slovenia.

Il Regolamento precisa poi che le norme in esso contenute non si applicano a:

·      annullamento del matrimonio;

·      obblighi di mantenimento;

·      responsabilità verso i figli;

·      effetti patrimoniali del matrimonio;

·      trust o successioni;

·      capacità giuridica delle persone fisiche.

 

Lo strumento si applica ai procedimenti avviati e agli accordi tra i coniugi sulla legge applicabile conclusi a decorrere dalla data del 21 giugno 2012.

Producono, in ogni caso, effetti anche gli accordi tra coniugi conclusi prima della sopra menzionata data, a patto che siano conformi alle prescrizioni stabilite negli articoli 6 e 7 del regolamento, ossia relativi al consenso e alla validità formale e sostanziale dell’accordo.

Il Regolamento indica poi quali siano i criteri per individuare la legge applicabile nell’ipotesi in cui i coniugi non abbiano concluso un accordo.

Più esattamente, l’art. 8 stabilisce che in mancanza di una scelta ai sensi dell’articolo 5, il divorzio e la separazione personale sono disciplinati dalla legge dello Stato:

a) della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o, in mancanza;

b) dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;

c) di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;

d) in cui è adita l’autorità giurisdizionale.

 

 

·       comunque oggi (in attesa dell’entrata in vigore di Roma III), quanto al diritto applicabile, valgono ancora le norme di d.i.p. anche nelle cause «europee»: artt. 29, 30 e 31, Legge 31 maggio 1995, n. 218.

 

Differenza tra i criteri da tenere in considerazione per la determinazione del giudice competente e il diritto applicabile:

 

Determinazione

del giudice competente

(cause di separazione e divorzio – rapporti tra coniugi)

Determinazione

del diritto applicabile

(cause di separazione e divorzio – rapporti tra coniugi)

Determinazione

del diritto applicabile

(cause di separazione e divorzio – rapporti tra coniugi)

Fonte normativa vigente:

 

 

Artt. 3 ss. Reg. Bruxelles II-bis

Fonte normativa vigente:

 

 

Art. 31, l. n. 218 del 1995

Fonte normativa in vigore dal 21 giugno 2012:  

 

Reg. n. 1259/2010 (Roma III)

Articolo 3

Competenza generale

 

1. Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:

a) nel cui territorio si trova:

- la residenza abituale dei coniugi, o

- l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

- la residenza abituale del convenuto, o

- in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio "domicile";

b) di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi.

2. Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda.

 

Articolo 4

Domanda riconvenzionale

 

L’autorità giurisdizionale davanti alla quale pende un procedimento in base all’articolo 3 è competente anche per esaminare la domanda riconvenzionale in quanto essa rientri nel campo d’applicazione del presente regolamento.

 

Articolo 5

Conversione della separazione personale in divorzio

 

Fatto salvo l’articolo 3, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro che ha reso la decisione sulla separazione personale è altresì competente per convertirla in una decisione di divorzio, qualora ciò sia previsto dalla legislazione di detto Stato.

 

Articolo 6

Carattere esclusivo della competenza giurisdizionale di cui agli articoli 3, 4 e 5

 

Il coniuge che:

a) risiede abitualmente nel territorio di uno Stato membro o

b) ha la cittadinanza di uno Stato membro o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha il proprio "domicile" nel territorio di uno di questi Stati membri può essere convenuto in giudizio davanti alle autorità giurisdizionali di un altro Stato membro soltanto in forza degli articoli 3, 4 e 5.

 

Articolo 7

Competenza residua

 

1. Qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente ai sensi degli articoli 3, 4 e 5, la competenza, in ciascuno Stato membro, è determinata dalla legge di tale Stato.

2. Il cittadino di uno Stato membro che ha la residenza abituale nel territorio di un altro Stato membro può, al pari dei cittadini di quest’ultimo, invocare le norme sulla competenza qui in vigore contro un convenuto che non ha la residenza abituale nel territorio di uno Stato membro né ha la cittadinanza di uno Stato membro o che, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, non ha il proprio "domicile" nel territorio di uno di questi Stati membri.

 

Art. 31.

Separazione personale e scioglimento del matrimonio.

 

1. La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.

2. La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana.

Articolo 5

Scelta della legge applicabile dalle parti

 

1. I coniugi possono designare di comune accordo la legge applicabile al divorzio e alla separazione personale purché si tratti di una delle seguenti leggi:

a) la legge dello Stato della residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo; o

b) la legge dello Stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora al momento della conclusione dell’accordo; o

c) la legge dello Stato di cui uno dei coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo; o

d) la legge del foro.

2. Fatto salvo il paragrafo 3, l’accordo che designa la legge applicabile può essere concluso e modificato in qualsiasi momento, ma al più tardi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale.

3. Ove previsto dalla legge del foro, i coniugi possono del pari designare la legge applicabile nel corso del procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale. In tal caso, quest’ultima mette agli atti tale designazione in conformità della legge del foro.

 

Articolo 6

Consenso e validità sostanziale

 

1. L’esistenza e la validità di un accordo sulla scelta della legge o di una sua disposizione si stabiliscono in base alla legge che sarebbe applicabile in virtù del presente regolamento se l’accordo o la disposizione fossero validi.

2. Tuttavia, un coniuge, al fine di dimostrare che non ha dato il suo consenso, può riferirsi alla legge del paese in cui ha la residenza abituale nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, se dalle circostanze risulta che non sarebbe ragionevole stabilire l’effetto del suo comportamento secondo la legge prevista nel paragrafo 1.

 

Articolo 7

Validità formale

 

1. L’accordo di cui all’articolo 5, paragrafi 1 e 2, è redatto per iscritto, datato e firmato da entrambi i coniugi. La forma scritta comprende qualsiasi comunicazione elettronica che permetta una registrazione durevole dell’accordo.

2. Tuttavia, se la legge dello Stato membro partecipante in cui entrambi i coniugi hanno la residenza abituale nel momento in cui è concluso l’accordo prevede requisiti di forma supplementari per tali accordi, si applicano tali requisiti.

3. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, la residenza abituale dei coniugi si trova in Stati membri partecipanti diversi e se la legge di tali Stati prevede requisiti di forma differenti, l’accordo è valido, quanto alla forma, se soddisfa i requisiti della legge di uno dei due Stati.

4. Se, nel momento in cui è concluso l’accordo, uno solo dei coniugi ha la residenza abituale in uno Stato membro partecipante e se tale Stato prevede requisiti di forma supplementari per questo tipo di accordo, si applicano tali requisiti.

 

Articolo 8

Legge applicabile in mancanza di scelta ad opera delle parti

 

In mancanza di una scelta ai sensi dell’articolo 5, il divorzio e la separazione personale sono disciplinati dalla legge dello Stato:

a) della residenza abituale dei coniugi nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale, o, in mancanza;

b) dell’ultima residenza abituale dei coniugi sempre che tale periodo non si sia concluso più di un anno prima che fosse adita l’autorità giurisdizionale, se uno di essi vi risiede ancora nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;

c) di cui i due coniugi sono cittadini nel momento in cui è adita l’autorità giurisdizionale; o, in mancanza;

d) in cui è adita l’autorità giurisdizionale.

 

Articolo 9

Conversione della separazione personale in divorzio

 

1. In caso di conversione della separazione personale in divorzio, la legge applicata alla separazione personale si applica anche al divorzio, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5.

2. Tuttavia, se la legge applicata alla separazione personale non prevede la conversione della separazione in divorzio, si applica l’articolo 8, a meno che le parti abbiano convenuto diversamente ai sensi dell’articolo 5.

 

Articolo 10

Applicazione della legge del foro

 

Qualora la legge applicabile ai sensi dell’articolo 5 o dell’articolo 8 non preveda il divorzio o non conceda a uno dei coniugi, perché appartenente all’uno o all’altro sesso, pari condizioni di accesso al divorzio o alla separazione personale, si applica la legge del foro.

 

Articolo 11

Esclusione del rinvio

 

Quando prescrive l’applicazione della legge di uno Stato, il presente regolamento si riferisce alle norme giuridiche in vigore in quello Stato, ad esclusione delle norme di diritto internazionale privato.

 

Articolo 12

Ordine pubblico

 

L’applicazione di una norma della legge designata in virtù del presente regolamento può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro.

 

Articolo 13

Divergenze fra le legislazioni nazionali

 

Nessuna disposizione del presente regolamento obbliga le autorità giurisdizionali di uno Stato membro partecipante la cui legge non prevede il divorzio o non considera valido il matrimonio in questione ai fini del procedimento di divorzio ad emettere una decisione di divorzio in virtù dell’applicazione del regolamento stesso.

 

Articolo 14

Stati con due o più sistemi giuridici — conflitti territoriali di leggi

 

Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con il proprio sistema giuridico o complesso di norme per materie disciplinate dal presente regolamento:

a) ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso, ai fini della determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento, come riferimento alla legge in vigore nell’unità territoriale pertinente;

b) ogni riferimento alla residenza abituale in quello Stato è inteso come riferimento alla residenza abituale in un’unità territoriale;

c) ogni riferimento alla cittadinanza è inteso come riferimento all’appartenenza all’unità territoriale designata dalla legge di detto Stato o, in mancanza di norme pertinenti, all’unità territoriale scelta dalle parti o, in mancanza di scelta, all’unità territoriale con la quale il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto.

 

Articolo 15

Stati con due o più sistemi giuridici — conflitti interpersonali di leggi

 

In relazione ad uno Stato con due o più sistemi giuridici o complessi di norme applicabili a categorie diverse di persone riguardanti materie disciplinate dal presente regolamento, ogni riferimento alla legge di tale Stato è inteso come riferimento al sistema giuridico determinato dalle norme in vigore in tale Stato. In mancanza di tali norme, si applica il sistema giuridico o il complesso di norme con cui il coniuge o i coniugi hanno il legame più stretto.

 

Articolo 16

Non applicazione del presente regolamento ai conflitti interni di leggi

 

Uno Stato membro partecipante in cui diversi sistemi giuridici o complessi di norme si applicano a materie disciplinate dal presente regolamento non è tenuto ad applicare il presente regolamento a conflitti di leggi che riguardano unicamente tali diversi sistemi giuridici o complessi di norme.

 

 

Potrà ancora aggiungersi che il criterio della common habitual residence emerge in una serie di ipotesi contemplate nelle due recentissime seguenti proposte della Commissione:

 

·      Proposta di un Council Regulation on jurisdiction, applicable law and the recognition and enforcement of decisions in matters of matrimonial property regimes (COM)2011 (126)

·      Proposta di un Council Regulation on jurisdiction, applicable law and the recognition and enforcement of decisions regarding the property consequences of registered partnerships (COM)2011 (127)

 

Per quanto attiene alla prima delle due proposte, fermo restando il rilievo che essa attribuisce alla volontà delle parti nella determinazione (o, addirittura, predeterminazione) della competenza giurisdizionale in relazione alle controversie attinenti al regime patrimoniale delle coppie coniugate transfrontaliere, il criterio della comune residenza abituale emerge come la regola fondamentale di carattere suppletivo sia per la determinazione dell’ufficio giudiziario dotato di competenza giurisdizionale (cfr. art. 5 della Proposta n. 126, in relazione al caso di mancato accordo sulla competenza del tribunale determinato in base a Bruxelles II-bis: cfr. art. 4), sia per la scelta del diritto applicabile (art. 16), sia per la determinazione di quest’ultimo in difetto d’accordo (art. 17), sia, ancora, per possibili mutamenti della scelta del diritto applicabile (art. 18), sia, infine, per la determinazione di possibili elementi formali ulteriori per la validità del contratto di matrimonio (art. 20).

Anche la seconda proposta attribuisce in primo luogo rilievo fondamentale alla volontà delle parti nella determinazione (o, addirittura, predeterminazione) della competenza giurisdizionale in relazione alle controversie attinenti al regime patrimoniale delle coppie transfrontaliere legate da rapporto di registered partnership, ma pure in questo caso il criterio della comune residenza abituale emerge come la regola fondamentale di carattere suppletivo per la determinazione dell’ufficio giudiziario dotato di competenza giurisdizionale (cfr. art. 5 della Proposta n. 127, in relazione al caso di mancato accordo sulla competenza del tribunale investito per la causa di scioglimento del vincolo: cfr. art. 4), mentre per la determinazione del diritto applicabile (art. 15) vige la sola regola dell’applicazione della «law of the State in which the partnership was registered».

Per ulteriori informazioni sulle due proposte si fa rinvio alla pagina web seguente:

http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/11/320&format=HTML&aged=0&language=IT&guiLanguage=it.

 

 

2. Il rilievo «extracomunitario» ed «ecumenico» delle disposizioni del Regolamento n. 2201 del 2003 in tema di determinazione della competenza giurisdizionale.

 

Articolo di Roberta Clerici sulla rivista Aiaf

 

 

Sentenza della Corte giustizia CEE 29 novembre 2007 (Sundelind c. Lopez):

22 Certamente, tale disposizione, che prevede che un convenuto che ha la residenza abituale in uno Stato membro o che è cittadino di uno Stato membro può essere citato dinanzi ai giudici di un altro Stato membro, tenuto conto del carattere esclusivo delle competenze definite agli artt. 3‑5 del regolamento n. 2201/2003, solo in base a tali disposizioni – e, di conseguenza, ad esclusione delle norme di competenza fissate dal diritto nazionale – non vieta, al contrario, che un convenuto che non ha né la sua residenza abituale in uno Stato membro né la cittadinanza di uno Stato membro possa, a sua volta, essere citato dinanzi ad un giudice di uno Stato membro in base alle norme di competenza previste dal diritto nazionale di tale Stato.

 

Trib. Belluno su coniugi indiani.

TRIBUNALE DI BELLUNO, 6 marzo 2009, n. 106, in Fam. dir., 2010, p. 179

 

Nel caso di domanda di divorzio proposta da coniugi che non sono cittadini italiani e che hanno contratto

matrimonio nel paese d’origine (nella specie, in India) va affermata la giurisdizione del giudice italiano, in forza

del Regolamento CE n. 2201/2003 in materia matrimoniale che trova applicazione a prescindere dalla cittadinanza

europea delle parti ed indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione previste dal diritto nazionale.

Nella fattispecie, la giurisdizione italiana (di carattere esclusivo, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento) va affermata

a norma dell’art. 3, 1 comma, lett. a), del citato Regolamento, il quale fissa il criterio generale della residenza,

e in particolare, nella specifica ipotesi di domanda congiunta, il criterio della “residenza abituale di uno

dei coniugi” che sussiste nel caso in esame poiché entrambe le parti risiedono nel territorio italiano.

 

A norma dell’art. 31, comma 1, l. n. 218 del 1995, lo scioglimento del matrimonio è regolato dalla legge nazionale

comune dei coniugi al momento della domanda e non osta all’accoglimento della domanda l’assenza di

una precedente sentenza di separazione, in quanto la norma straniera che non prevede tale requisito ai fini del

divorzio non è contraria all’ordine pubblico italiano.

 

Trib. Belluno su coniugi ucraini.

TRIBUNALE DI BELLUNO, 5 novembre 2010, in Banca Dati Giurisprudenza di merito De Agostini – Leggi d’Italia.

 

I coniugi, entrambi cittadini ucraini, hanno contratto matrimonio in Ucraina.

Con ricorso la moglie, residente a Belluno, ha proposto domanda di separazione giudiziale nei confronti del marito, anch’egli residente a Belluno.

Sebbene la domanda di separazione riguardi due coniugi che non sono cittadini italiani e che hanno contratto matrimonio nel paese d’origine, il Trib. di Belluno afferma la giurisdizione del giudice italiano in forza del Regolamento CE del Consiglio n. 2201/2003, che trova applicazione a prescindere dalla cittadinanza europea delle parti ed indipendentemente dalle norme sulla giurisdizione previste dal diritto nazionale (come l’art. 32 della legge 31.5.1995 n. 218), le quali restano applicabili soltanto in via residuale, ai sensi dell’art. 7 del Regolamento, qualora nessun giudice di uno Stato membro sia competente in base agli artt. 3-5 del Regolamento (cfr. Corte giustizia CE, sez. III, 29.11.2007 n. 68, nel procedimento C-68/07, Sundelind Lopez V. Lopez Lizazo, ove è precisato che il Reg. CE n. 2201/2003 "si applica anche ai cittadini di Stati terzi che hanno vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri", in conformità dei criteri di competenza previsti dallo stesso Regolamento, che si fondano sul principio della necessità di un reale nesso di collegamento tra l’interessato e lo Stato membro che esercita la competenza).

Nella fattispecie, la giurisdizione italiana (di carattere esclusivo, ai sensi dell’art. 6 del Regolamento) va affermata a norma dell’art. 3, 1° comma, lett. a), del citato Regolamento CE n. 2201/2003, il quale fissa il criterio generale della residenza, ed in particolare, tra le varie ipotesi, individua la competenza dell’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel cui territorio si trova "la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda".

Tale criterio opera nel caso in esame poiché l’attrice risiede dal 14.2.2005 a Belluno (V. certificato di residenza rilasciato in data 8.2.2007 dal Comune di Belluno, doc. 2 dell’attrice), ove ha inizialmente abitato anche con il figlio V., fino a quando questi non è stato accolto dal padre a vivere con lui a Belluno, mentre il figlio più piccolo R., sofferente di grave malattia, è stato affidato all’Opera della Provvidenza di S.A.P.; l’attrice ha inoltre affermato di svolgere attività lavorativa a Belluno (V. pg. 2 del ricorso introduttivo). Tenuto conto della nozione autonoma di "residenza abituale" nell’ambito del diritto comunitario, deve pertanto ritenersi, sulla base di una valutazione di natura sostanziale, che l’attrice abbia effettivamente fissato, con carattere di stabilità, il centro stabile e permanente dei propri interessi e relazioni a Belluno, quale luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e lavorativa, da più di un anno alla data di proposizione della domanda (V. Cass. sez. un. 17.2.2010 n. 3680).

Va dunque affermata la giurisdizione del giudice italiano in ordine alla domanda di separazione giudiziale proposta dall’attrice.

 

·       Ci chiediamo se questa ratio decidendi (questa «valenza ecumenica» riconosciuta ai criteri del regolamento Bruxelles II bis sulla determinazione del giudice dotato di competenza giurisdizionale) sia estensibile (e la risposta ritengo debba essere positiva) anche ad altri casi, ad es.:

§       al Regolamento n. 1259/2010 («Roma III»), il quale contiene del resto un art. 4 del seguente tenore:

Articolo 4

Carattere universale

 

La legge designata dal presente regolamento si applica anche ove non sia quella di uno Stato membro partecipante.

 

§       oppure

§       al Regolamento n. 4 del 2009 sulle prestazioni alimentari, anch’esso incentrato sul concetto di residenza abituale:

Articolo 3

Disposizioni generali

 

Sono competenti a pronunciarsi in materia di obbligazioni alimentari

negli Stati membri:

a) l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il convenuto risiede

abitualmente; o

b) l’autorità giurisdizionale del luogo in cui il creditore risiede

abitualmente; o

c) l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del

foro a conoscere di un’azione relativa allo stato delle persone

qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare sia

accessoria a detta azione, salvo che tale competenza sia fondata

unicamente sulla cittadinanza di una delle parti; o

d) l’autorità giurisdizionale competente secondo la legge del

foro a conoscere di un’azione relativa alla responsabilità genitoriale

qualora la domanda relativa a un’obbligazione alimentare

sia accessoria a detta azione, salvo che tale competenza

sia fondata unicamente sulla cittadinanza di una delle parti.

 

·       Con riguardo a questo problema dell’ «universalità» dei Regolamenti dell’UE in punto statuizioni relative alla competenza giurisdizionale potrà segnalarsi anche la proposta di Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, mirante ad una «rifusione» del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2001, COM/2010/748 (c.d. Regolamento «Bruxelles I»);

§       La proposta è disponibile al sito web seguente: http://www.parlamento.it/web/docuorc2004.nsf/a4f26d6d511195f0c12576900058cac9/5dd102ff4c931152c12578010061407a/$FILE/COM2010_0748_IT_2.pdf.

§       La proposta parte tra l’altro dal rilievo per cui nelle controversie con convenuti di paesi terzi l’accesso alla giustizia nell’UE è nel complesso insoddisfacente. Fermo restando che la competenza spetta al giudice dello Stato membro in cui è domiciliato il convenuto, indipendentemente dalla cittadinanza di quest’ultimo, rimane il fatto che, nel sistema attualmente vigente, fatte salve alcune deroghe, il Regolamento Bruxelles I si applica solo quando il convenuto è domiciliato nel territorio dell’UE. Negli altri casi la competenza è disciplinata dal diritto nazionale. La diversità delle legislazioni nazionali comporta un accesso ineguale alla giustizia per le imprese dell’UE che operano con partner di paesi terzi: alcune possono facilmente stare in giudizio nell’UE, altre no, anche quando non c’è un altro foro competente che garantisca il diritto a un giudice imparziale. Per giunta, se il diritto nazionale non concede l’accesso alla giustizia nelle controversie con controparti di paesi terzi, non è garantita l’applicazione delle disposizioni imperative del diritto dell’Unione che tutelano, ad esempio, i consumatori, i lavoratori dipendenti o gli agenti commerciali.

§       Da tale constatazione nasce quindi il suggerimento di estendere alle controversie con convenuti di paesi terzi le norme del regolamento «Bruxelles I» sulla competenza, incluse quelle che disciplinano i casi in cui la stessa questione è pendente dinanzi a un giudice dell’UE e a un giudice di un paese terzo.

§       La modifica consentirà in generale alle imprese e ai cittadini di citare in giudizio nell’UE soggetti di paesi terzi, in quanto in tali casi sarà applicabile la norma speciale sulla competenza che, ad esempio, stabilisce la competenza del giudice dello Stato in cui deve essere eseguito il contratto (art. 5, par. 1). Più specificatamente, grazie alla modifica, le norme sulla competenza che tutelano i consumatori (cfr. sez. 4, artt. da 15 a 17), i lavoratori dipendenti (cfr. 5, artt. da 18 a 21) e gli assicurati (cfr. sez. 3, artt. da 8 a 14) saranno applicabili anche quando il convenuto è domiciliato al di fuori dell’UE. La proposta intende anche rafforzare la tutela dei consumatori nelle controversie in cui il convenuto ha sede in un Paese terzo. Pertanto, nei rapporti tra consumatori stabiliti nell’UE e imprese stabilite in Paesi terzi sarà sempre competente il giudice del luogo in cui il consumatore ha il domicilio, anche quando il convenuto ha sede in un Paese terzo.

 

·       Vi è da notare poi che il carattere universale dei regolamenti in oggetto non è tale con riguardo ad ogni aspetto di essi. In effetti tale universalità va riconosciuta solo con riguardo ai casi in cui tale requisito sia concretamente desumibile dal modo in cui è formulata la norma.

§       Così i sopra citati esempi di richiamo alla residenza abituale, anziché alla nazionalità, non paiono lasciare dubbi. Vi sono però altre ipotesi in cui il riferimento non può essere se non ad una situazione «europea». Si potrà riportare ancora una volta il precedente del Trib. Belluno 5 novembre 2010. Qui il marito, resistente, aveva opposto che la domanda di separazione della moglie era inammissibile perché un tribunale ucraino aveva già pronunziato il divorzio inter partes. Ora, il tribunale ritiene non applicabile l’art. 21 del Regolamento Bruxelles II bis sul riconoscimento automatico delle sentenze straniere di divorzio, perché tale riconoscimento è accordato solo ed espressamente alle sentenze di uno «Stato membro». Ne discende quindi la necessità di applicare le norme di d.i.p. italiano. Peraltro anche in base a tali disposizioni la sentenza ucraina di divorzio va riconosciuta e pertanto la domanda di separazione personale della moglie va dichiarata inammissibile.

§       Trib. Belluno su coniugi ucraini.

TRIBUNALE DI BELLUNO, 5 novembre 2010, in Banca Dati Giurisprudenza di merito De Agostini – Leggi d’Italia.

 

Il marito ha eccepito preliminarmente che il matrimonio è già stato sciolto in data 30.1.2007 dalla Corte Provinciale di Lviv, con sentenza che è stata confermata dalla Corte d’Appello di Lviv in data 16.4.2007 (V. doc. 2-3 prodotti dal convenuto nel testo originale ucraino, con relativa traduzione giurata), tanto che in data 1.5.2008 egli ha contratto nuovo matrimonio in Ucraina (V. certificato di matrimonio, doc. 7 del convenuto) con la donna con cui attualmente coabita a Belluno (V. dichiarazione presentata in data 10.5.2008 all’ufficiale dell’anagrafe di Belluno, doc. 8 del convenuto).

Il convenuto ha quindi chiesto che la domanda di separazione proposta dall’attrice sia dichiarata inammissibile, per essere già intervenuta una pronuncia di scioglimento del matrimonio.

L’attrice ha tuttavia affermato la contrarietà all’ordine pubblico della sentenza di divorzio, ai sensi dell’art. 16 della legge 31.5.1995 n. 218, per mancanza di statuizioni sull’affidamento dei figli e sull’assegno di mantenimento in favore dei figli e della stessa attrice.

Va innanzitutto rilevato che la sentenza di scioglimento del matrimonio pronunciata dall’autorità giudiziaria ucraina non può formare oggetto del riconoscimento automatico previsto dall’art. 21, 1° comma, del Regolamento CE n. 2201/2003, dato che tale disposizione si applica soltanto alle "decisioni pronunciate da uno Stato membro" dell’Unione Europea, ma non a quelle di Stati terzi. In sostanza, il Regolamento CE n. 2201/2003 - la cui disciplina della giurisdizione prescinde dalla cittadinanza europea delle parti (art. 3) - non trova invece applicazione, nel caso in esame, per quanto riguarda il riconoscimento della sentenza di divorzio, perché a tal fine presuppone che la decisione sia pronunciata da uno Stato membro dell’Unione.

Essendo sorta contestazione, nel corso del processo, in ordine al riconoscimento della sentenza di divorzio pronunciata dalla Corte ucraina, viene allora in considerazione l’art. 67, 3° comma, della legge 31.5.1995 n. 218, che prevede l’accertamento incidentale dei requisiti per la riconoscibilità, con efficacia limitata al presente giudizio in cui il riconoscimento è stato contestato.

Si deve procedere pertanto alla verifica dei presupposti del riconoscimento della pronuncia di divorzio, nella forma semplificata prevista dall’art. 65 della legge 31.5.1995 n. 218, che trova applicazione "ratione materiae" nel caso in esame.

Sul punto è stato precisato che "il nuovo complesso della disciplina del riconoscimento delle sentenze straniere in Italia, così come configurato dalla legge di riforma del sistema italiano di diritto privato italiano n. 218 del 1995, non ha delineato un trattamento esclusivo e differenziato delle controversie in tema di rapporti di famiglia riconducendole obbligatoriamente nell’ambito operativo della disciplina di cui all’art. 65 (e perciò anche dei suoi presupposti), ma ha descritto, con l’art. 64, un meccanismo di riconoscimento di ordine generale (riservato in sé alle sole sentenze), valido per tutti tipi di controversie, ivi comprese perciò anche quelle in tema di rapporti di famiglia e presupponente il concorso di tutta una serie di requisiti descritti nelle lettere da a) a g) di questa ultima disposizione normativa; rispetto ad un tale modello operativo di ordine generale, la legge ha affidato poi all’art. 65 la predisposizione di un meccanismo complementare più agile di riconoscimento - allargato, di per sé e questa volta, alla più generale categoria dei provvedimenti - riservato all’esclusivo ambito delle materie della capacità delle persone, dei rapporti di famiglia o dei diritti della personalità - il quale, nel richiedere il concorso dei soli presupposti della non contrarietà all’ordine pubblico e dell’avvenuto rispetto dei diritti essenziali della difesa, esige tuttavia il requisito aggiuntivo per cui i provvedimenti in questione siano stati assunti dalle autorità dello Stato la cui legge sia quella richiamata dalle norme di conflitto" (V. Cass. 28.5.2004 n. 10378).

Ciò premesso, il riconoscimento è innanzitutto subordinato all’accertamento che la sentenza sia stata pronunciata "dalle autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme" della legge 31.5.1995 n. 218: nella specie, si deve fare riferimento al criterio di collegamento previsto dall’art. 31, 1° comma, della legge 31.5.1995 n. 218, il quale dispone che lo scioglimento del matrimonio "è regolato dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda", per cui la sentenza in esame, pronunciata dall’autorità giurisdizionale dello Stato dell’Ucraina, del quale entrambi i coniugi sono cittadini, soddisfa il primo requisito.

L’art. 65 richiede inoltre che gli effetti della sentenza "non siano contrari all’ordine pubblico" e che "siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa".

Quanto al primo di questi due requisiti, si deve rilevare che il capo della sentenza con cui è disposto lo scioglimento del matrimonio non presenta alcun profilo di contrarietà all’ordine pubblico: la stessa attrice, nel proporre la domanda di separazione, non ha censurato la pronuncia di divorzio in quanto tale, bensì la mancanza di specifiche statuizioni accessorie sull’affidamento dei figli e sull’assegno di mantenimento in favore dei minori e della ricorrente. La sentenza di divorzio pronunciata dal giudice straniero non può quindi essere considerata in sé contraria all’ordine pubblico per l’omissione di una determinata previsione, vale a dire per il solo fatto di non contenere disposizioni in merito all’affidamento ed ai rapporti economici tra le parti.

A questo proposito si deve altresì sottolineare che, alla luce dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, l’assenza di una precedente sentenza di separazione, in quanto non richiesta dalla legge straniera che regola il rapporto, non preclude il riconoscimento della pronuncia di divorzio in applicazione di tale legge - i cui effetti, anche sotto questo specifico profilo, non possono quindi ritenersi contrari all’ordine pubblico, in riferimento all’art. 16 della legge 31.5.1995 n. 218 - risultando sufficiente il riconoscimento dell’impossibilità della ricostituzione della comunione spirituale e materiale (cfr. Cass. 25.7.2006 n. 16978: "la circostanza che il diritto straniero - nella specie, il diritto di uno Stato degli USA - preveda che il divorzio possa essere pronunciato senza passare attraverso la separazione personale dei coniugi ed il decorso di un periodo di tempo adeguato, tale da consentire ai coniugi medesimi di ritornare sulla loro decisione, non costituisce ostacolo al riconoscimento in Italia della sentenza straniera che abbia fatto applicazione di quel diritto, per quanto concerne il rispetto del principio dell’ordine pubblico, richiesto dall’art. 64, comma 1, lett. g, della legge 31.5.1995 n. 218, essendo a tal fine necessario, ma anche sufficiente, che il divorzio segua all’accertamento dell’irreparabile venir meno della comunione di vita tra i coniugi"; cfr. Cass. 28.5.2004 n. 10378).

Quanto al rispetto dei diritti essenziali della difesa, va rilevato che, come emerge dalle due decisioni delle Corti ucraine (di primo grado e d’appello), la moglie ha effettivamente partecipato al giudizio di divorzio, promosso in Ucraina, nell’ambito del quale avrebbe dunque potuto tempestivamente svolgere le domande che ha invece proposto davanti a questo tribunale.

Poiché risultano soddisfatti tutti i requisiti previsti dall’art. 65 della legge 31.5.1995 n. 218 con riferimento al capo principale della decisione pronunciata dall’autorità giudiziaria dell’Ucraina, riguardante lo scioglimento del matrimonio, tale statuizione deve essere riconosciuta in questa sede, con la conseguenza che la domanda di separazione proposta dall’attrice (che sarebbe comunque soggetta alla legge ucraina, quale legge nazionale comune dei coniugi, a norma dell’art. 31 della legge 31.5.1995 n. 218) è preclusa dall’intervenuto divorzio e va senz’altro dichiarata inammissibile, restando assorbita ogni ulteriore questione ad essa conseguente in merito agli altri capi della decisione (quale la mancata disciplina dell’affidamento e dei rapporti patrimoniali tra le parti), che potranno eventualmente formare oggetto di autonomo procedimento di revisione delle condizioni di divorzio, qualora ne sussistano i presupposti.

In ragione della natura della domanda, riguardante lo status coniugale, e dell’obiettiva peculiarità delle questioni esaminate, appaiono sussistere i presupposti per disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti.

 

 

3. Divorzio immediato e ordine pubblico internazionale italiano.

 

·       Da tenere presente poi – sul versante, questa volta, del diritto applicabile – la regola seguita nel caso deciso dal Trib. Belluno nel 2009 (applicazione del diritto indiano): secondo tale decisione l’art. 31, l. d.i.p. determina l’applicazione della legge sul divorzio indiana, come legge comune dei coniugi (entrambi cittadini indiani); legge che non si pone in contrasto con l’ordine pubblico internazionale italiano, per ciò che attiene, in particolare, alla regola di diritto straniero che consente il divorzio immediato, senza previa separazione legale;

 

·       E’ da tenere presente, per ciò che attiene al divorzio immediato, che la  nostra giurisprudenza da un certo numero di anni ha manifestato una sempre maggiore disponibilità ad applicare disposizioni straniere che prevedono modalità di divorzio diverse da quelle contemplate dalla disciplina materiale italiana: sono state, infatti, ritenute compatibili con i principi essenziali del foro le norme marocchine ed albanesi che prevedono il divorzio immediato per maltrattamenti (v. rispettivamente, Trib. Pordenone, 14 settembre 2005, in Riv. dir, int. priv. proc., 2006, p. 181; Trib. Tivoli, 14 novembre 2002, in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, p. 402; cfr. anche Trib. Napoli, 26 aprile 2000, in Giur. napoletana, 2000, p. 460 relativa ad un’ipotesi di applicazione della legge di Cabo Verde), ma anche le norme statunitensi sul divorzio immediato per mutuo consenso

 

·       Su questo ultimo specifico profilo cfr. da ultimo Cass., 25 luglio 2006, n. 16978: «In tema di riconoscimento di sentenza straniera di divorzio, la circostanza che il diritto straniero (nella specie, il diritto di uno Stato degli USA) preveda che il divorzio possa essere pronunciato senza passare attraverso la separazione personale dei coniugi ed il decorso di un periodo di tempo adeguato tale da consentire ai coniugi medesimi di ritornare sulla loro decisione, non costituisce ostacolo al riconoscimento in Italia della sentenza straniera che abbia fatto applicazione di quel diritto, per quanto concerne il rispetto del principio dell’ordine pubblico, richiesto dall’art. 64, comma 1, lettera g), della legge 31 maggio 1995, n. 218, essendo a tal fine necessario, ma anche sufficiente, che il divorzio segua all’accertamento dell’irreparabile venir meno della comunione di vita tra i coniugi».

·       Cfr. inoltre Cass., 28 maggio 2004, n. 10378: «Non può essere ritenuta contraria all’ordine pubblico, per il solo fatto che il matrimonio sia stato sciolto con procedure e per ragioni e situazioni non identiche a quelle contemplate dalla legge italiana, una sentenza di scioglimento del matrimonio pronunciata, fra cittadini italiani, dal giudice straniero il quale abbia fatto applicazione del diritto straniero. Ed infatti attiene in realtà all’ordine pubblico solo la esigenza che lo scioglimento del matrimonio venga pronunciato solo all’esito di un rigoroso accertamento - condotto nel rispetto dei diritti di difesa delle parti, e sulla base di prove non evidenzianti dolo o collusione delle parti stesse - dell’irrimediabile disfacimento della comunione familiare, il quale ultimo costituisce l’unico inderogabile presupposto delle varie ipotesi di divorzio previste dall’art. 3 della legge n. 898/70».

·       Si v. poi anche Cass., 10 novembre 1989, n. 4769: «A norma dell’art. 797 n. 7 cod. proc. civ. - come interpretato a seguito dell’introduzione nella legislazione vigente dell’art. 10 della convenzione dell’Aja dell’1 giugno 1980, resa esecutiva con legge 10 giugno 1985 n. 301, secondo cui ciascuno stato contraente può rifiutare il riconoscimento di un divorzio (o di una separazione personale), se è “manifestamente incompatibile con il suo ordine pubblico” - la sentenza straniera di divorzio è contraria all’ordine pubblico italiano e non è quindi delibabile in Italia solo quando sia lesiva dei principi fondamentali ed irrinunciabili dell’ordinamento interno. Pertanto, con riguardo al principio fondamentale ed irrinunciabile stabilito nel nostro ordinamento per lo scioglimento del matrimonio della irreversibile dissoluzione del vincolo, non può essere negata la delibazione della pronuncia del giudice straniero (nella specie della Repubblica di Grecia) che abbia sciolto, per mutuo consenso, il matrimonio fra cittadino italiano e cittadina straniera (greca) atteso che la disciplina processuale che attribuisca esclusivo valore alla volontà dei coniugi, quale prova esclusiva del venir meno della comunione di vita e della impossibilità di ricostituirla, senza alcuna possibilità per il giudice di contrastare tale richiesta, non è contraria all’ordine pubblico italiano, tenendo anche presente l’introduzione nel nostro ordinamento della domanda congiunta di divorzio (art. 11 della legge 6 marzo 1987 n. 74, che ha sostituito l’art. 4 della legge 1 dicembre 1970, n. 898) che valorizza proprio la concorde volontà dei coniugi ai fini dello scioglimento del vincolo».

 

·       Quanto sopra rappresenta un dato certamente significativo se solo si considera che, ancora non molti anni fa, una decisione di merito ritenne incompatibile con l’ordine pubblico la legge francese che ammetteva il divorzio per colpa senza un preliminare periodo di separazione (v. Trib. Venezia, 14 novembre 1996, in Riv. dir. int. priv. proc., 1997, p. 158).

 

·       Particolare, poi, il caso del «divorcio express» spagnolo (Trib. Firenze, 18 maggio 2009).

Divorzio senza separazione. Possibile anche con tre mesi di matrimonio.

 

Il Tribunale di Firenze con la sentenza n. 1723 del 18 maggio 2009, ha accolto l’istanza di divorzio di una donna fiorentina che, dopo essersi sposata in Italia con un cittadino spagnolo, era andata a vivere nella terra del marito, dove però il rapporto, dopo solo tre mesi, era naufragato.

Il giudice ha applicato i seguenti principi: ai sensi dell’articolo 31 della l. 218/1995, alla procedura di divorzio va applicata la legge nazionale comune (cioè la stessa) dei due coniugi al momento della domanda. Se questa legge comune manca, si applica la legge dello Stato in cui il rapporto coniugale è stato vissuto per più tempo.

Così facendo non ha “recepito” una pronunciata sentenza straniera ma ha applicato direttamente la legge spagnola siccome ritenuta la sola idonea a regolare il rapporto coniugale di quei coniugi, e questo dopo un percorso di verifica della legge straniera di “non contrarietà ai principi fondamentali della Costituzione e dell’ordinamento italiano”. Legge che in tal caso consente lo scioglimento del matrimonio senza passare obbligatoriamente per la separazione.

 

 

4. I criteri di competenza in materia di crisi coniugale «transfrontaliera»: le loro principali caratteristiche.

 

       Come rilevato in dottrina (Queirolo):

 

 

 

 

5. I criteri di competenza in materia di crisi coniugale «transfrontaliera»: individuazione.

 

I criteri di competenza in materia di crisi coniugale «transfrontaliera» sono individuati dal Regolamento n. 2201/2003 all’art. 3 e sono:

 

       Più esattamente, la norma rilevante in materia stabilisce quanto segue:

CAPO II

 

COMPETENZA

 

SEZIONE 1

 

Divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio

 

Articolo 3

Competenza generale

 

1. Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:

a) nel cui territorio si trova:

- la residenza abituale dei coniugi, o

- l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

- la residenza abituale del convenuto, o

- in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio "domicile";

b) di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi.

2. Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda.

 

 

 

6. La nozione autonoma del concetto di residenza abituale.

 

       La nozione che occorre avere del concetto di residenza abituale è, secondo l’opinione unanime degli interpreti, una nozione autonoma, del tutto avulsa da quella che può essere stata elaborata in relazione al diritto nazionale del giudice che è chiamato ad applicarla. Ciò risponde del resto al fatto che siffatta nozione è stata elaborata in seno alla Conferenza dell’Aja (cfr. Campiglio Mosconi e Baratta):

      

 

 

 

 

In dottrina si discute se la nozione autonoma di residenza abituale sia da collegarsi ad un mero dato fattuale (il permanere, cioè, di una persona in un certo luogo), ovvero se concorra in tale nozione anche un elemento soggettivo, costituito dall’intenzione, dalla volontà di permanere in quel certo luogo. Fondamentale è il dato di partenza costituito dalla constatazione dell’assenza di una positiva definizione del concetto di residenza abituale (Campiglio):

 

 

Tale assenza di definizioni potrebbe dunque indurre ad affermare la natura meramente «fattuale» della situazione in esame.

Tuttavia, l’esame dei lavori preparatori della convenzione (mai entrata in vigore) che si pone alla base del Regolamento Bruxelles II-bis sembrerebbe far propendere per un rilievo dell’elemento soggettivo, come del resto posto in luce da una decisione della Cour de Cassation francese, di cui sarà detto oltre (Campiglio):

 

 

Resta da vedere se la nozione di residenza abituale comprensiva del fattore psicologico sia conforme allo scopo del Regolamento Bruxelles II-bis, avuto altresì riguardo al fatto che le due decisioni italiane di legittimità del 2010, di cui verrà detto nel § seguente, non hanno tenuto in alcun modo conto di tale elemento. Probabilmente sarebbe opportuno attivare sul punto la Corte di giustizia per sollecitare in via pregiudiziale un’interpretazione del concetto in esame (Campiglio):

 

 

 

7. Il criterio della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003 da parte della Cassazione italiana.

 

Tornando alle questioni specifiche dell’individuazione della competenza giurisdizionale e del ruolo che in relazione ad essa il criterio della residenza abituale può giocare potranno esaminarsi alcuni casi pratici.

Il primo da prendere in considerazione è quello risolto nel febbraio 2010 da una decisione di legittimità (cfr. Cass., Sez. Un., 17 febbraio 2010, n. 3680):

Il caso:

 

La moglie, cittadina italiana, è anagraficamente residente da trent’anni in Belgio, ma di fatto attualmente e abitualmente residente in Italia, per stare vicino al figlio, iscritto all’università di Pisa.

Il marito, di nazionalità tedesca, è abitualmente residente in Belgio.

La moglie chiede al giudice italiano di pronunziare la separazione personale.

Il marito eccepisce il difetto di giurisdizione del giudice italiano e propone regolamento preventivo di giurisdizione articolato in tre motivi, perché sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello belga.

 

L’argomento principale del ricorrente marito si fonda su di una lettura della norma che riconosce la competenza in base alla residenza dell’attore come legata all’inciso precedente, che menziona la domanda congiunta. Non vertendosi nella specie in ipotesi di domanda congiunta, il criterio della residenza dell’attore non dovrebbe venire in gioco.

 

In secondo luogo s’appella il marito al fatto che la residenza anagrafica della moglie è rimasta fissata in Belgio.

 

La Cassazione ritiene che la moglie, quale attrice residente in Pisa abitualmente da oltre un anno prima del suo ricorso di separazione, abbia correttamente individuato nel Tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, dovendosi rigettare il presente regolamento che chiedeva di dichiarare la giurisdizione del giudice belga

 

La normativa di riferimento:

CAPO II

COMPETENZA

SEZIONE 1

Divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio

Articolo 3

Competenza generale

1. Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:

a) nel cui territorio si trova:

- la residenza abituale dei coniugi, o

- l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

- la residenza abituale del convenuto, o

- in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio "domicile";

b) di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi.

2. Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda.

 

 

 

CIVILE/cassazione Cassazione civile - Quotidiano del: 06/03/2010

(Sezioni unite civili, ordinanza n. 3680/10; depositata il 17 febbraio)

 

Separazione: residenza abituale "sostanziale" determinante per stabilire la giurisdizione tra più Stati membri 

 

Cassazione - Sezioni unite civili - ordinanza 2 - 17 febbraio 2010, n. 3680

Presidente Carbone - Relatore Forte

 

 

Fatto

 

Con ricorso depositato il 27 ottobre 2008 e notificato il 6 novembre 2008 A. M. M., cittadina italiana residente a omissis, premesso di aver contratto in omissis il omissis matrimonio concordatario con il cittadino tedesco H. H. P. S. V. S., residente in omissis a omissis, ha chiesto al Tribunale di Pisa di pronunciare la separazione personale di lei dal marito.

Dall’unione era nato il omissis il figlio A., dopo che le parti avevano già acquistato nel omissis un appartamento in comunione in omissis; dopo pochi mesi dalla nascita del figlio, la M., secondo quanto dedotto nel ricorso di separazione, ha ridotto a tempo limitato il suo lavoro per poter dedicarsi più completamente al bambino, pur continuando a svolgere attività di controllo nell’erogazione degli omissis per conto della omissis, alle cui dipendenze ella operava, funzioni che le imponevano spesso di viaggiare tra i vari Stati.

Pertanto nel omissis si era deciso, sull’accordo dei coniugi, che la M. avrebbe lasciato il lavoro per dedicarsi alla famiglia e al figlio, mentre il V. S. avrebbe continuato il lavoro prestigioso e sempre meglio remunerato, che gli ha consentito di coltivare la sua passione per il volo, acquistando a tal fine un aereo la cui manutenzione è costosissima.

Il lavoro dell’uomo sempre più impegnativo e assorbente, aveva comunque deteriorato i rapporti tra i coniugi, con la conseguenza che, nel omissis, il marito ha comunicato alla moglie la sua intenzione di lasciare il domicilio coniugale e la donna si è trasferita in omissis a omissis con il figlio A. che aveva espresso la volontà di intraprendere gli studi universitari a omissis; l’uomo ha corrisposto alla moglie dal omissis, Euro 2.500,00 mensili, elevate dal omissis a Euro 3000,00 fino a omissis, avendo i suoi emolumenti raggiunto nelle more una somma di Euro 16.500,00 al mese.

Poiché lo S. V. S. aveva manifestato l’intenzione di sospendere il pagamento della somma indicata e di interrompere qualsiasi contributo al mantenimento della moglie e del figlio, la tensione tra i coniugi si era accentuata e aveva indotto la moglie a chiedere la separazione oggetto del processo principale in corso dinanzi al Tribunale di Pisa.

Ai sensi della Direttiva CE n. 2201 del 2003, sono competenti a decidere sulla domanda di separazione, le autorità giurisdizionali dello Stato membro: a) nel cui territorio si trova: la residenza abituale dei coniugi o l’ultima residenza abituale dei coniugi, o, in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi ovvero quella abituale dell’attore, se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, ovvero la residenza abituale dell’attore, se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso...

Tale disciplina non è derogata dalla disciplina di diritto internazionale privato italiano, di cui alla legge n. 218 del 1995, che prevede la sussistenza della giurisdizione italiana oltre che nei citati casi dell’art. 3 anche “quando uno dei coniugi è cittadino italiano e il matrimonio è stato celebrato in territorio italiano”.

In ordine poi alla ripartizione della competenza interna essa, ai sensi dell’art. 706 c.p.c., si riconosce “al tribunale del luogo in cui il coniuge ha la residenza o il domicilio”, ferma restando l’applicabilità dell’art. 18, 2° comma, c.p.c., per effetto del quale “se il convenuto non ha residenza né domicilio, né dimora nello Stato o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l’attore”.

Richiamate le norme di diritto internazionale privato e specificamente quelle che regolamentano la vita matrimoniale in rapporto alle fattispecie nelle quali in concreto il rapporto coniugale era tra soggetti cittadini di Stati diversi e in cui non facilmente è rinvenibile una localizzazione prevalente della vita comune, perché nel caso i coniugi, pur avendo risieduto a lungo insieme in omissis, successivamente avevano vissuto separati di fatto per la scelta della donna dell’omissis come luogo di residenza prima ancora che di dimora abituale, tanto che il figlio A. aveva voluto in tale paese affrontare i propri studi universitari, la M. chiedeva in ogni caso di applicare la legge italiana per disciplinare la separazione.

Lo S. V. S., costituitosi, ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano e chiesto il rigetto della domanda di separazione e con ricorso notificato il 2 7 febbraio - 3 marzo 2009, ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione articolato in tre motivi, perché sia dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in favore di quello belga.

In primo luogo, si afferma che il criterio di cui all’art. 3, n. 1, lett. a, del Regolamento del Consiglio CE n. 2201 del 27 novembre 2003, che collega la competenza al luogo di residenza abituale dell’attore nell’ultimo anno precedente alla sua domanda di separazione su cui la M. ha fondato la pretesa giurisdizione del giudice italiano, in diritto ad avviso del ricorrente in questa sede, vale come parametro esclusivo che come parametro integrato da quello della cittadinanza, soltanto per il caso di domanda congiunta ai sensi dell’art. 158 c.c. che nella fattispecie non vi è stata.

Comunque il ricorso per regolamento afferma in fatto che la M. non ha mai fissato la residenza in omissis, dove è stata sempre residente in via secondaria e per vacanza, come è possibile in base allo stesso Regolamento CE ed è accaduto in fatto, in base alla documentazione anagrafica e alla “Declaration sur l’Honneur” del omissis resa dalla M. quale funzionario in pensione della omissis, nella quale ella dà atto di continuare ad abitare nella abitazione coniugale a omissis rimasta nella sua disponibilità e dove in fatto ha vissuto per oltre trent’anni.

La Corte Europea di giustizia ha definito la residenza come il luogo ove la persona ha effettivamente stabilito il centro dei propri interessi ed affari, anche se lo stesso non coincide con la nozione nazionale di residenza (il ricorrente cita la sentenza del tribunale della funzione pubblica - prima sezione - dell’8 aprile 2008, Bordini c. Commissione).

La M. ha continuato a pagare la manutenzione della casa familiare a omissis e, in omissis, si è solo formalmente trasferita con l’iscrizione del figlio all’università di omissis, senza modificare il centro principale delle sue relazioni di vita e di lavoro rimasto sempre in omissis.

Pertanto residenza abituale dei coniugi negli ultimi 30 anni prima del ricorso per separazione, è stata quella comune di omissis e unico giudice da adire per la separazione era quello belga, essendo stata la vita matrimoniale prevalentemente localizzata in tale città.

In secondo luogo, il ricorrente in questa sede deduce la inapplicabilità nella fattispecie dell’art. 31 della legge 21 maggio 1995 n. 218, per il quale giudice sulla domanda di separazione dovrebbe essere quello del luogo ove è stata prevalentemente localizzata la vita matrimoniale che non è l’omissis, ma il omissis, dovendosi comunque ritenere che in quest’ultimo paese sia disciplinata una separazione in sostanza analoga a quella domandata in omissis, ai sensi del 2° comma dello stesso art. 31 citato, non potendosi applicare le norme interne che in via residuale fissano la giurisdizione nel luogo ove risiede l’attore (art. 18, 2° comma, c.p.c. e 706, 2° comma c.p.c.), cui non è soggetto lo straniero, essendo per lui irrilevante la celebrazione in omissis del matrimonio stesso.

In riferimento al criterio di cui all’art. 32 della legge n. 218 del 1995, esso è comunque residuale e si applica solo in mancanza di ogni altro principio, che regoli diversamente la materia.

Nel controricorso della M. nel presente procedimento incidentale si insiste per l’applicabilità del criterio della residenza abituale dell’attore, anche in assenza di una domanda congiunta di separazione e da identificare nella casa in cui la donna vive con il figlio dal omissis, nessun rilievo avendo la residenza anagrafica rispetto a quella di fatto per il diritto comunitario, né le dichiarazioni rese alla omissis valevoli solo per indicare recapiti o luoghi ove far pervenire comunicazioni agli ex dipendenti di tale organismo.

Anche la M. esclude, come la controparte, l’applicabilità di criteri diversi da quelli di cui al citato Regolamento della CE, in base ai quali ha chiesto la separazione in omissis a omissis; la donna ha depositato memoria illustrativa del suo controricorso ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

Diritto

 

Occorre premettere che i parametri di cui all’art. 3 del Regolamento CE del Consiglio n. 2201 del 27 novembre 2003 sono ritenuti in dottrina esclusivi e alternativi, per cui ognuno di essi determina la individuazione del giudice che può essere adito e solo se nessun giudice di uno degli Stati membri abbia giurisdizione in base ai criteri di cui alla norma regolamentare, si può procedere secondo quanto è stabilito dalla normativa interna dello Stato stesso, come sancisce l’art. 7 del citato regolamento (in tal senso da ultimo C. Giustizia Ce, sez. III, nel procedimento C - 523/07 del 2 aprile 2009, sulla richiesta di pronuncia pregiudiziale sul concetto di residenza abituale). Quanto detto esclude ogni rilievo alle affermazioni del ricorrente nella causa principale in ordine all’applicazione pretesa di norme del diritto internazionale privato di cui alla legge n. 218 del 1995, in realtà inapplicabile, non solo in base al citato art. 7, ma anche in quanto l’art. 31 non disciplina in alcun modo i poteri dei giudici dei vari Stati di decidere sulla domanda di separazione, ma solo le norme applicabili ai relativi giudizi, mentre l’art. 32 ha funzione residuale ed è quindi inapplicabile in ogni caso, stante la chiara individuazione della normativa da applicare nella concreta fattispecie di separazione di due cittadini di Stati membri della U.E., in ordine ai criteri determinativi della giurisdizione espressamente previsti negli artt. 3, 4 e 5 del Reg. n. 2201 del 2003.

In dottrina, come emerge chiaro dalla lettera del citato art. 3 del Regolamento, si afferma in genere che la giurisdizione si aggancia alla residenza effettiva di uno dei coniugi solo “in caso di domanda congiunta”, perché esclusivamente nell’alinea relativo a tale tipo di procedimento, tale criterio di collegamento è specificamente richiamato, essendo ciascuna e tutte le altre ipotesi di criteri indicati nella norma regolamentare per individuare il giudice avente potere di decidere sulle domande di separazione e di annullamento del matrimonio, tenute distinte nella norma regolamentare con i diversi sette alinea inseriti nell’art. 1 lett. a, che chiarisce pure il carattere “alternativo” di ciascuno di tali criteri, con l’uso della particellao”, che mantiene distinte l’una da ciascuna delle altre fattispecie, per individuare quale autorità giurisdizionale degli Stati membri debba conoscere della domanda proposta nelle cause matrimoniali di cui sopra.

Dalla relazione di accompagnamento al Regolamento CE n. 1347 del 2000, sostituito da quello n. 2301 del 2003, risulta già esplicato il concetto di “residenza abituale”, come luogo in cui l’interessato ha fissato con carattere di stabilità il centro permanente o abituale dei propri interessi, con chiara natura sostanziale e non meramente formale o anagrafica del concetto di cui sopra in base al diritto comunitario, essendo rilevante a individuare tale residenza “effettiva”, ai sensi del regolamento stesso, il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale e eventualmente lavorativa, alla data di proposizione della domanda.

La natura effettiva del concetto di residenza è abitualmente usata anche nel diritto interno in relazione alle cause relative ai minori, per determinare la competenza territoriale del giudice adito in rapporto alla vicinanza di esso al luogo ove il minore stesso “si trova” (così di recente S.U. ord. 9 dicembre 2008 n. 28875); ad essa, questa Corte ha fatto riferimento in più casi di sottrazione internazionale di minori, in rapporto al concetto di residenza abituale, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 ratificata con la legge n. 64 del 1994 (Cass. 19 ottobre 2006 n. 22507, 2 febbraio 2005 n.2093, tra altre).

Nella fattispecie, la sicura frequenza universitaria in omissis del figlio A., principale riferimento dei rapporti affettivi ed umani della M., ammesso anche dal ricorrente, evidenzia con certezza che il centro abituale delle relazioni della donna è in omissis, in omissis, comune in provincia di omissis, in cui ella convive ancora con tale figlio.

Accertato che, in caso di ricorso per la separazione il ricorrente che debba chiedere la separazione dal coniuge appartenente ad altro Stato membro della CE, sia o meno cittadino di tale Stato, ha diritto ad adire il giudice del luogo ove ha posto la sua residenza abituale, può presumersi che da molto più di un anno la M. abiti stabilmente nel Comune di omissis per assistere, nella casa della sua famiglia di origine, il figlio A. che dal omissis è stato iscritto alla locale università e dopo la laurea lavora stabilmente in omissis.

In tale contesto deve quindi ritenersi che la M. quale attrice residente in omissis abitualmente da oltre un anno prima del suo ricorso di separazione abbia correttamente individuato nel Tribunale di Pisa il giudice della sua domanda, dovendosi rigettare il presente regolamento che chiedeva di dichiarare sulla domanda la giurisdizione del giudice belga.

In deroga al principio della soccombenza e in ragione del carattere personale della controversia e dell’assenza specifica di precedenti nella materia, appare equa la totale compensazione delle spese tra le parti.

 

P.Q.M.

 

La Corte dichiara la giurisdizione del giudice italiano nella causa principale tra A. M. M. ed H. H. P. S. V. S. e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Pisa per l’ulteriore corso; compensa le spese del presente procedimento incidentale tra le parti.

 

 

Altro caso di un certo interesse è quello risolto dalla Cassazione italiana nel giugno 2010 (Cass.,

Sez. Un., 25 giugno 2010, n. 15328), secondo cui

«La nozione di residenza abituale del coniuge, di cui al reg. CE n. 2201/2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, fa riferimento non alla residenza formale o anagrafica ma al luogo del concreto e continuativo svolgimento dalla vita personale ed eventualmente lavorativa; nessuna rilevanza gioca al riguardo il fatto che saltuariamente, e anche per un periodo continuativo, il coniuge abbia trascorso periodi presso la residenza all’estero dell’altro coniuge, ivi ricevendo anche corrispondenza e svolgendo attività di studio».

 

Nella specie la moglie aveva proposto dinanzi al giudice italiano domanda di separazione giudiziale sul presupposto di aver avuto la residenza abituale almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda. Il marito aveva eccepito il difetto di giurisdizione del giudice italiano, ai sensi dell’art. 3 del regolamento CE n. 2201/2003, in quanto i coniugi avrebbero avuto la loro residenza abituale in Francia fino a pochissimo tempo prima dell’inizio della causa, mentre la moglie avrebbe stabilito da tale data la residenza abituale in Italia, per un periodo inferiore ai sei mesi anteriori alla proposizione del ricorso per separazione.

A sostegno di tale posizione il marito aveva addotto: a) la numerosa posta ricevuta dalla moglie presso la casa coniugale in Francia; b) Le certificazioni mediche di un pediatra francese che avrebbe seguito la figlia minore; c) il verbale di accesso di un ufficiale giudiziario francese presso la casa coniugale, dal quale risulterebbe la permanenza di effetti personali di uso quotidiano della moglie e della figlia; d) l’attività lavorativa svolta dalla moglie in Francia.

La Cassazione afferma però la sussistenza della giurisdizione italiana, rilevando:

 

«che, come è stato già affermato (Cass., n. 3680/2010), la nozione di residenza abituale, di cui al regolamento citato fa riferimento non alla residenza formale o anagrafica ma al luogo del concreto e continuativo svolgimento dalla vita personale ed eventualmente lavorativa;

che al momento della proposizione dalla domanda da parte della signora C.D. la stessa era abitualmente residente in Italia da un periodo superiore ai sei mesi come risulta dalle seguenti circostanze: a) la signora C. è docente di ruolo presso il liceo scientifico statale (OMISSIS) dal (OMISSIS) e ivi ha prestato servizio salvo i periodi di astensione obbligatoria e congedo parentale in occasione della nascita della figlia; b) la stessa è stata seguita durante la gravidanza da un ostetrico di (OMISSIS); c) nella partecipazione di nozze, successiva alla celebrazione del matrimonio, risultano indicate le due residenze dei coniugi in Francia e in Italia; d) numerosa corrispondenza, dal (OMISSIS) è stata indirizzata ai coniugi o alla signora C. presso la sua abitazione di (OMISSIS); e) il marito si è recato insieme alla moglie da un legale italiano nel (OMISSIS) per discutere di un’ipotesi di separazione consensuale; f) dall’atto di nascita della figlia risulta che nel rendere la dichiarazione congiunta di nascita presso l’ospedale di (OMISSIS) i genitori hanno indicato le proprie residenze separate in Francia e in Italia; g) la figlia minore, che, come è pacifico è sempre vissuta con la madre, è stata seguita da parte di pediatra italiano dal (OMISSIS)); che la circostanza che la signora C. non abbia mai smesso di avere la propria residenza abituale in Italia non è contraddetta dal fatto che saltuariamente, e anche per un periodo continuativo durante il congedo parentale abbia trascorso periodi in Francia presso la residenza del marito, ivi ricevendo anche corrispondenza, e in Francia abbia svolto attività di studio.

 

Interessante notare, poi, che anche per la Cassazione francese, esattamente come per quella italiana, vi è una totale assenza di gerarchia tra le varie ipotesi di cui agli artt. 3 ss. del Regolamento Bruxelles II bis, con conseguente alternatività dei vari fori ivi delineati.

Così, nel caso risolto da Cass. 1ère Civ. 24 Septembre 2008 n° 07-20.248, la moglie, di nazionalità francese, aveva presentato domanda di divorzio in Francia contro il marito, pure francese, ma abitualmente residente in Portogallo. I giudici di merito avevano negato la competenza francese, ritenendo che il criterio della residenza del convenuto facesse premio su quello della nazionalità. La Cassazione ha però sottolineato che le varie regole di competenza generale sono perfettamente alternative.

 

 

L’assenza di gerarchia tra i vari titoli di giurisdizione individuati dal Regolamento detto Bruxelles II-bis è stata posta in evidenza, infine, anche dalla Corte di Giustizia UE nella decisione 16 luglio 2009, Sentenza della Corte di giustizia nella causa C- 168/08 (László Hadadi / Csilla Márta Mesko), di cui verrà detto infra, ancorchè in relazione ad un caso involgente non già rapporti tra i coniugi, ma rapporti con la prole minorenne. Nella relativa motizione leggesi infatti:

«A tale proposito, il sistema di ripartizione delle competenze degli organi giurisdizionali predisposto dall’art. 3, n. 1, lett. a) e b), del regolamento n. 2201/2003 è fondato su diversi criteri oggettivi alternativi e sull’insussistenza di una gerarchia dei criteri di competenza da esso stabiliti. Pertanto, è consentita la coesistenza di più giudici competenti, senza che sia stabilita tra loro alcuna gerarchia».

 

 

8. Il criterio della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003 da parte della Cassazione francese.

 

Come valutano nelle cause matrimoniali transfrontaliere il concetto di résidence habituelle i nostri cugini d’Oltralpe? Il leading case sul punto è dato dalla decisione seguente: Cour de Cassation (francese), 14 décembre 2005.

Per una presentazione del caso ed una spiegazione critica del medesimo v. la pagina web seguente:

http://giacomooberto.com/casipratici/4_residenza_abituale_convenuto_divorzio/residenzaconvenutoindivorzio.htm

La decisione francese è stata criticata dalla dottrina transalpina.

 

Cfr. ad es. Thibault, La notion de « résidence habituelle » dans les affaires de divorce à l’épreuve des interprétations anglaise et française : une harmonisation en danger ?

http://m2bde.u-paris10.fr/content/la-notion-de-%C2%AB-r%C3%A9sidence-habituelle-%C2%BB-dans-les-affaires-de-divorce-%C3%A0-l%E2%80%99%C3%A9preuve-des-interpr%C3%A9t

 

L’interprétation de la résidence habituelle donnée par la Cour de cassation a été très critiquée en doctrine. Il a notamment été suggéré que cette interprétation était trop stricte au vu des objectifs du règlement « Bruxelles II bis » (A. Richez-Pons, précité, p.813). En effet, la résidence habituelle semble exprimer, pour reprendre les termes de cet auteur, « une proximité immédiate, géographique et matérielle entre le for et le litige », et ce critère « répond seulement à l’objectif de prévoir un chef de compétence supplémentaire offert aux parties ». Il importe donc de ne pas comprendre cette notion de manière trop restrictive. La référence à l’élément intentionnel de la résidence par la Cour de cassation, et au caractère permanent du centre des intérêts semble compromettre cet objectif du règlement.

(…)

La Cour de cassation a préféré se référer à une définition de la notion de résidence habituelle donnée par la CJCE dans d’autres contextes que celui des litiges en matière matrimoniale. Le juge français a considéré que la résidence habituelle était une notion autonome du droit communautaire. Par son approche, la Cour a privilégié une cohérence de la notion, peu importe le contexte dans lequel elle intervient. Elle ne s’est donc pas attardée sur les objectifs poursuivis par le règlement 2201/2003 pour y adapter la définition de la résidence habituelle. Il est possible que la Cour française ait également repris la définition communautaire dans un souci d’application uniforme de la notion de résidence habituelle dans les juridictions des Etats membres. Il n’en reste pas moins que le juge français n’a pas pris en compte les exigences propres au règlement « Bruxelles II bis » dans son appréciation de la question, et qu’il n’a pas jugé bon de s’adresser à la CJCE par le biais d’une question préjudicielle pour qu’une définition uniforme adaptée au règlement soit dégagée. Cette approche de la Cour a été critiquée par la doctrine française, comme allant à l’encontre d’une efficacité dudit règlement.

 

 

 

9. Il carattere della stabilità nella determinazione della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003.

 

Come si è rilevato in dottrina (Salerno):

 

 

 

10. Il rilievo dell’elemento intenzionale nella determinazione della residenza abituale nell’applicazione del Regolamento n. 2201 del 2003.

 

       Si è già detto che la Cassazione francese ha ritenuto di dover considerare, alla stregua di un elemento determinante della residenza abituale, l’intenzione del soggetto di mantenere il centro dei propri affari e interessi in un certo luogo.

       La dottrina (Salerno) sottolinea il ruolo dell’intenzione dei soggetti, con riguardo a casi diversi da quelli della crisi familiare, che a quest’ultima paiono però estensibili:

 

 

Queste considerazioni sembrano dunque, almeno in parte, contrastare con le critiche che la dottrina francese ha mosso alla citata decisione del 2005 della Cour de Cassation. Probabilmente ha ragione la Corte transalpina nell’affermare che anche l’elemento soggettivo e volontaristico è rilevante nella nozione europea di «residenza abituale», peraltro a condizione che gli atti in cui tale intento si estrinseca siano inequivocabili e comunque «percepibili» anche dalla controparte.

 

 

11. Il rilievo, ai fini della competenza giurisdizionale, della doppia cittadinanza dei coniugi.

 

       Si è già detto che, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento Bruxelles II bis, il criterio della cittadinanza riveste un ruolo formalmente «paritario» e alternativo rispetto a quello della residenza, peraltro solo a condizione che si tratti di cittadinanza comune di entrambe le parti, ovvero che, nel caso di azione proposta sulla base della residenza dell’attore, essa concorra con la residenza, peraltro a determinate condizioni:

Articolo 3

Competenza generale

1. Sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all’annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello Stato membro:

a) nel cui territorio si trova:

- la residenza abituale dei coniugi, o

- l’ultima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, o

- la residenza abituale del convenuto, o

- in caso di domanda congiunta, la residenza abituale di uno dei coniugi, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, o

- la residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio "domicile";

b) di cui i due coniugi sono cittadini o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, del "domicile" di entrambi i coniugi.

2. Ai fini del presente regolamento la nozione di "domicile" cui è fatto riferimento è quella utilizzata negli ordinamenti giuridici del Regno Unito e dell’Irlanda.

 

 

       Il Regolamento non prende però in considerazione l’ipotesi in cui i coniugi abbiano doppia cittadinanza.

       La Cour de Cassation francese ha affrontato tale caso, una prima volta, con una decisione del 2006: cfr. Civ. 1ère 12 décembre 2006 (JCP 2007, II, 10048, 1ère espèce, n. A. Devers). Si trattava di una coppia in cui il marito aveva la doppia cittadinanza francese e della Costa d’Avorio, mentre la moglie era di nazionalità francese. La Corte ha riconosciuto la competenza giurisdizionale francese «en raison de la nationalité française des parties». La Cassation ha ritenuto dunque che la nationalità francese del marito prevalesse su quella ivoriana dello stesso coniuge.

 

       In un caso successivo la medesima Corte ha ritenuto di sollevare questione pregiudiziale dinanzi alla Corte CEE:

 

 

La decisione della Corte di Lussemburgo:

 

 COMUNICATO STAMPA n. 66/09

16 luglio 2009

Sentenza della Corte di giustizia nella causa C- 168/08

László Hadadi / Csilla Márta Mesko

I CONIUGI CHE POSSIEDONO LA DOPPIA CITTADINANZA COMUNE NELL’UNIONE POSSONO CHIEDERE, A LORO SCELTA, LO SCIOGLIMENTO DEL MATRIMONIO DINANZI AI TRIBUNALI DI UNO O DELL’ALTRO DEI DUE STATI INTERESSATI

La competenza giurisdizionale dei giudici di uno di tali Stati membri non può essere esclusa per il fatto che il ricorrente non presenti, oltre alla cittadinanza, altri elementi di collegamento con questo Stato.

 

Il comunicato si potrebbe «tradurre» come segue: va riconosciuta la sentenza ungherese, posto che entrambi i coniugi sono anche ungheresi e non rileva il fatto che non vi siano altri elementi di collegamento con l’Ungheria al di fuori della comune cittadinanza delle parti. La domanda di fronte al giudice francese è inammissibile, perché i due sono già divorziati, in forza della sentenza ungherese.

 

In tal senso, al fine di applicare le norme transitorie sul riconoscimento enunciate nel regolamento, i giudici francesi devono tener conto del fatto che il sig. Hadadi e la sig.ra Mesko possiedono anche la cittadinanza ungherese e che, pertanto, i giudici ungheresi, in applicazione del regolamento, avrebbero potuto essere competenti a conoscere di una domanda di divorzio tra le dette persone.

La Corte, a tal riguardo, osserva che il regolamento non mira ad escludere competenze giurisdizionali multiple in materia di scioglimento del vincolo matrimoniale. È invece prevista espressamente la coesistenza di più giudici competenti di pari rango.

Inoltre, la Corte rileva che il regolamento, facendo della cittadinanza un criterio di competenza, privilegia un elemento di collegamento certo e facile da applicare. Esso non prevede alcun altro criterio afferente alla cittadinanza, quale, in particolare, la prevalenza di quest’ultima. Infatti, la necessità di un controllo degli elementi di collegamento tra i coniugi e le loro rispettive cittadinanze renderebbe più onerosa la verifica della competenza giurisdizionale, risultando in tal modo contraria all’obiettivo di facilitare l’applicazione del regolamento mediante l’utilizzo di un criterio di collegamento semplice e univoco.

Infine, la Corte ricorda che, in forza del regolamento, una coppia che possieda unicamente la cittadinanza di uno Stato membro sarebbe sempre in grado di adire i giudici di quest’ultimo, sebbene la sua residenza abituale non sia più situata in tale Stato da lungo tempo ed esistano solo scarsi elementi di collegamento reale con quest’ultimo.

Ciò considerato, la Corte dichiara che, qualora entrambi i coniugi possiedano la medesima doppia cittadinanza, il regolamento osta a che la competenza giurisdizionale dei giudici di uno degli Stati membri interessati resti esclusa per il fatto che il ricorrente non presenti altri elementi di collegamento con tale Stato.

La Corte rileva, pertanto, che i giudici degli Stati membri di cui entrambi i coniugi possiedano la cittadinanza sono competenti in forza del regolamento, potendo questi ultimi adire, a loro scelta, i giudici di uno o dell’altro di questi Stati.

 

 

12. Il rilievo ex officio del difetto di competenza giurisdizionale.

 

·      Nel sistema del Regolamento del Consiglio (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (c.d. «Bruxelles I»), la questione della competenza giurisdizionale non è rilevabile – quanto meno di regola, salvo quanto immediatamente di seguito precisato – se non ad istanza del convenuto.

§      Ai sensi, invero, dell’art. 25 del citato Regolamento, «Il giudice di uno Stato membro, investito a titolo principale di una controversia per la quale l’articolo 22 stabilisce la competenza esclusiva di un giudice di un altro Stato membro, dichiara d’ufficio la propria incompetenza». Stabilisce poi il successivo art. 26, primo comma, che «Se il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato membro è citato davanti ad un giudice di un altro Stato membro e non compare, il giudice, se non è competente in base al presente regolamento, dichiara d’ufficio la propria incompetenza».

§      Da quanto sopra si desume agevolmente che, in base al Regolamento «Bruxelles I», in caso di comparizione del convenuto che non eccepisca l’incompetenza, l’esame d’ufficio, da parte del giudice adito, è limitato alla verifica dell’inesistenza della competenza esclusiva di un altro giudice in base all’art. 22: gli altri motivi d’incompetenza possono e debbono essere fatti valere dal convenuto che sia comparso per eccepire l’incompetenza.

§      Qualora, invece, il convenuto domiciliato in uno Stato contraente venga citato in altro Stato contraente e non compaia, l’esame d’ufficio e l’eventuale declaratoria d’incompetenza devono riguardare non solo le competenze esclusive ex art. 22, ma anche tutte quelle derivanti dalle altre norme del Regolamento.

§      Da notare che l’art. 27 della proposta di «rifusione» del Regolamento citato – cui si è già fatto cenno – prevede che il giudice investito a titolo principale di una domanda ricompresa nella sfera materiale della normativa uniforme debba dichiarare d’ufficio la propria incompetenza ogniqualvolta sia privo di giurisdizione in base al regolamento.

 

·      A differenza di quanto sopra (cioè rispetto a quanto avviene ora nel sistema attualmente vigente del Regolamento «Bruxelles I»), nel Regolamento Bruxelles II bis, con riguardo dunque ai procedimenti di separazione personale, divorzio ed annullamento del matrimonio, ai sensi dell’art. 17, il giudice di uno Stato membro, investito di una controversia per la quale non ha competenza in base al presente regolamento e per la quale, sempre in base al presente regolamento, è invece competente un giudice di un altro Stato membro, dichiara d’ufficio la propria incompetenza.

·      Del tutto analogamente, l’art. 10 del Regolamento (CE) N. 4/2009 del 18 dicembre 2008, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari stabilisce quanto segue: «Articolo 10. Verifica della competenza – L’autorità giurisdizionale di uno Stato membro investita di una controversia per la quale non è competente in base al presente regolamento dichiara d’ufficio la propria incompetenza».

·      Ancora analogamente, l’art. 10 della già ricordata proposta di un Council Regulation on jurisdiction, applicable law and the recognition and enforcement of decisions in matters of matrimonial property regimes (COM)2011 (126) stabilisce che «Where a court of a Member State is seised of a matrimonial property regime case over which it has no jurisdiction under this Regulation, it shall declare of its own motion that it has no jurisdiction» (e allo stesso modo provvede l’art. 10 della proposta di un Council Regulation on jurisdiction, applicable law and the recognition and enforcement of decisions regarding the property consequences of registered partnerships (COM)2011 (127)).

 

 

13. L’influenza del concetto di «residenza abituale» sulla determinazione della legge applicabile.

 

Come già detto, in attesa dell’entrata in vigore del Regolamento «Roma III», oggi deve trovare applicazione, da parte del giudice italiano, l’art. 31, l. n. 218 del 1995:

 

Art. 31.

Separazione personale e scioglimento del matrimonio.

 

1. La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio sono regolati dalla legge nazionale comune dei coniugi al momento della domanda di separazione o di scioglimento del matrimonio; in mancanza si applica la legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata.

2. La separazione personale e lo scioglimento del matrimonio, qualora non siano previsti dalla legge straniera applicabile, sono regolati dalla legge italiana.

 

       Il profilo della «residenza abituale» può così di fatto venire in considerazione se ed in quanto ritenuto coincidente con quello di «luogo in cui la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata». In tal caso occorrerebbe pensare, naturalmente, alla residenza abituale comune dei coniugi. Si potrà citare in proposito il già ricordato caso risolto nel 2009 dal Tribunale di Firenze (caso già ricordato del c.d. divorcio express), cui può aggiungersi la fattispecie affrontata nella decisione del 2008 della Corte di cassazione:

 

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza, 07-07-2008, n. 18613

La separazione personale dei coniugi è regolata dalla legge italiana, se questa è quella nazionale comune dei coniugi al momento dell’introduzione del giudizio, essendo residuale l’ulteriore criterio relativo all’applicazione della legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale risulta prevalentemente localizzata (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza di merito che ha ritenuto applicabile la legge italiana ad un giudizio di separazione tra un marito di nazionalità italiana e una moglie argentina, ma che aveva acquisito la nazionalità italiana, ritenendo pertanto irrilevante — ai fini della determinazione in parola — la circostanza che la vita matrimoniale si era svolta in prevalenza a Buenos Aires).

 

 

14. La litispendenza internazionale nel contenzioso sulla crisi coniugale.

 

Ai sensi dell’art. 17 del Regolamento Bruxelles II-bis il giudice di uno Stato membro, investito di una controversia per la quale non ha competenza in base al presente regolamento e per la quale, sempre in base al presente regolamento, è invece competente un giudice di un altro Stato membro, dichiara d’ufficio la propria incompetenza.

Qualora vengano adite le giurisdizioni competenti di diversi Stati membri per una procedura relativa alle stesse parti, si pronuncia sulla competenza circa la domanda di divorzio (o d’annullamento o di separazione) quella che è stata adita per prima. In altri termini, se un tribunale viene adito, è competente a decidere sulla sua competenza giurisdizionale, anche se successivamente ne viene adito un altro. Questo naturalmente non significa che il giudice adito per primo sia per ciò solo competente in merito alla causa da decidere, ma semplicemente che il giudice adito per primo è competente a decidere sulla competenza. Ai sensi dell’art. 19, il giudice successivamente adito sospende d’ufficio il procedimento finché non sia stata accertata la competenza del giudice preventivamente adito (accertamento che va effettuato da parte di quest’ultimo giudice). Quando la competenza del giudice previamente adito è stata accertata (dallo stesso giudice preventivamente adito), il giudice successivamente adito dichiara la propria incompetenza a favore del giudice preventivamente adito. Evidentemente, se il giudice preventivamente adito si dichiarerà invece incompetente, il procedimento dinanzi al secondo giudice potrà proseguire.

 

§      Ai fini del citato articolo il giudice si considera adito (cfr. art. 16):

a.   nei procedimenti che si instaurano con il deposito di una domanda presso il giudice (si pensi alle procedure italiane di separazione o divorzio), alla data in cui la domanda giudiziale o un atto equivalente è depositato presso il giudice, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché fosse effettuata la notificazione al convenuto, o

b.   se l’atto deve essere notificato prima di essere depositato presso il giudice (si pensi alle procedure italiane per l’annullamento del matrimonio), alla data in cui l’autorità competente ai fini della notificazione lo riceve, purché successivamente l’attore non abbia omesso di prendere tutte le misure cui era tenuto affinché l’atto fosse depositato presso il giudice.

 

§      Un precedente di estremo interesse in relazione all’applicazione del criterio della prevenzione e delle norme appena illustrate è il caso Chorley v. Chorley della House of Lords.

Per una presentazione critica di tale precedente britannico (e per un’illustrazione di possibili conseguenze in relazione a conflitti coinvolgenti il giudice italiano) v. la pagina web seguente:

http://giacomooberto.com/casipratici/1_litispendenza_chorley/casochorley.htm.

 

§      Altro caso di grande interesse attiene alla determinazione della prevenzione nel caso in cui due giudici siano aditi in due paesi diversi lo stesso giorno. La questione è stata affrontata dalla Cour de Cassation francese (Cass. 1ère Civ., 11 Juin 2008, n° 06-20.042), la quale ha ritenuto che, se la parte che invoca  l’eccezione di litispendenza dimostra in quale ora la domanda è stata proposta, mediante deposito del ricorso, grava sulla controparte l’onere di dimostrare di aver adito l’altro giudice in un’ora anteriore. Nella specie entrambi i coniugi, di cittadinanza francese, erano residenti in Gran Bretagna. Lo stesso giorno (24 marzo 2005) il marito presenta una domanda di divorzio in Francia e la moglie presenta analoga domanda in Gran Bretagna, facendola notificare al marito alle h. 12.30 (come risulta dalla relata di notifica in Gran Bretagna). Non viene provata invece l’ora in cui la domanda in Francia è stata presentata. La Cassazione francese conferma la decisione d’appello, che aveva ritenuto il giudice francese adito per secondo (così confermando la decisione del giudice di primo grado di sospendere il giudizio francese, in attesa della statuizione sulla competenza giurisdizionale da parte del giudice inglese).

 

 

15. I provvedimenti provvisori e cautelari in casi d’urgenza.

 

       Il Regolamento Bruxelles II-bis prevede, in materia di provvedimenti provvisori e cautelari, quanto segue:

Articolo 20

Provvedimenti provvisori e cautelari

1. In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.

2. I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù del presente regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati.

 

 

       Attesa la natura delle materie disciplinate dal Regolamento, è evidente che la disposizione in oggetto ha tratto esclusivamente alle controversie attinenti alla responsabilità genitoriale.

       Sul punto si osserva in dottrina (Salerno) quanto segue:

 

 

       Potrà essere di un qualche interesse sul punto il raffronto tra le varie norme disciplinanti la materia degli interventi cautelari nel regolamento n. 44/2001, nonché in quello n. 4/2009 (in materia di obbligazioni alimentari):

 

Bruxelles II bis:

Regolamento n. 44/2001 (Bruxelles I, applicabile alle obbligazioni alimentari ancora oggi):

Regolamento n. 4/2009 (regolamento sulle obbligazioni alimentari):

Articolo 20

 

Provvedimenti provvisori e cautelari

 

1. In casi d’urgenza, le disposizioni del presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.

2. I provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù del presente regolamento a conoscere del merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati.

 

Articolo 31

 

Provvedimenti provvisori e cautelari

 

 

I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti al giudice di detto Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato membro.

 

Articolo 14

 

Provvedimenti provvisori e cautelari

 

I provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge di uno Stato membro possono essere richiesti alle autorità giudiziarie di tale Stato anche se, in forza del presente regolamento, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta all’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro.

 

 

       La Corte CEE si è pronunziata su tale disposizione, in relazione a profili attinenti alla responsabilità genitoriale:

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNITÀ EUROPEE, sez. III, 23 dicembre 2009, C-403/09 PPU -

Detiček c. Sgueglia

 

L’art. 20 del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, deve essere interpretato nel senso che, in una situazione quale quella oggetto della causa principale, esso non consente ad un giudice di uno Stato membro di adottare un provvedimento provvisorio in materia di responsabilità genitoriale inteso a concedere l’affidamento di un minore che si trova nel territorio di tale Stato ad uno dei suoi genitori, nel caso in cui un giudice di un altro Stato membro, competente in forza del detto regolamento a conoscere del merito della controversia relativa all’affidamento, abbia già emesso una decisione che affida provvisoriamente il minore all’altro genitore, e tale decisione sia stata dichiarata esecutiva nel territorio del primo Stato membro.

 

       Questo il caso:

Il 25 luglio 2007 il Tribunale di Tivoli, nell’ambito

di un giudizio di separazione fra i coniugi signori

Sgueglia e Detiček (quest’ultima, cittadina slovena),

affida provvisoriamente la figlia dodicenne al

padre italiano. Il medesimo giorno, la madre lascia

l’Italia e si trasferisce in Slovenia con la figlia. Con

due successivi provvedimenti dei giudici locali, la

pronuncia viene dichiarata esecutiva in Slovenia, in

data 2 ottobre 2008. Mentre è in corso il procedimento

esecutivo in Slovenia per la consegna della

minore al padre, la madre si rivolge al Tribunale regionale

di Maribor (che già si era occupato dell’esecutorietà),

chiedendo un provvedimento d’urgenza,

volto a consentirle di trattenere con sé la figlia (a

motivo del mutamento delle circostanze e dell’interesse

della minore, già positivamente inserita nel

nuovo ambiente). Con ordinanza 9 dicembre 2008,

la misura provvisoria è accordata. Il padre italiano

ricorre e la Corte d’appello di Maribor si rivolge alla

Corte di giustizia chiedendo di precisare, in sede di

pronuncia preliminare d’urgenza, se il giudice di uno

Stato membro (la Slovenia) sia competente, ai sensi

dell’art. 20 del regolamento CE n. 2201/03, a

emettere provvedimenti cautelari nel caso in cui un

giudice di un altro Stato membro (l’Italia), competente

a conoscere del merito, abbia già emesso un

provvedimento cautelare, dichiarato esecutivo nel

primo Stato.

La Corte di giustizia accetta di trattare il procedimento

pregiudiziale in via d’urgenza e, con la sentenza

in esame (1), precisa che l’art. 20 del regolamento

deve essere interpretato nel senso che, in una

situazione quale quella oggetto della causa principale,

esso non consente ad un giudice di uno Stato

membro di adottare un provvedimento provvisorio

in materia di responsabilità genitoriale inteso a concedere

l’affidamento di un minore che si trova nel

territorio di tale Stato ad uno dei suoi genitori, nel

caso in cui un giudice di un altro Stato membro,

competente in forza di detto regolamento a conoscere

del merito della controversia relativa all’affidamento,

abbia già emesso una decisione che affida

provvisoriamente il minore all’altro genitore, e tale

decisione sia stata dichiarata esecutiva nel territorio

del primo Stato membro.

La sentenza presenta numerosi aspetti di interesse.

In questo commento, limiterò la mia attenzione a

tre di essi: l’applicazione del procedimento pregiudiziale

d’urgenza; il modo di affrontare il conflitto fra

giurisdizioni; infine, il profilo specifico della posizione

del minore nel processo.

 

 

       Un’ulteriore decisione sul punto della Corte CEE è la seguente:

SENTENZA N. 0 DEL 02/04/2009

 

(C-523/07) CONVENZIONE COMPETENZA GIURISDIZIONALE/ESECUZIONE DELLE DECISIONI - DECISIONE RELATIVA ALLA PRESA IN CARICO E ALLA COLLOCAZIONE DI MINORI AL DI FUORI DELLA FAMIGLIA - RESIDENZA ABITUALE DEL MINORE - PROVVEDIMENTI CAUTELARI - COMPETENZA

La Corte ha stabilito che rientra nella nozione di «materie civili», ai sensi dell’art. 1, n. 1, del regolamento (CE) del Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, una decisione che ordina la presa in carico immediata e la collocazione di un minore al di fuori della sua famiglia di origine, quando tale decisione è stata adottata nell’ambito delle norme di diritto pubblico relative alla protezione dei minori.


La nozione di «residenza abituale», ai sensi dell’art. 8, n. 1, del citato regolamento deve essere interpretata nel senso che tale residenza corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare. A tal fine, si deve in particolare tenere conto della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato. Compete al giudice nazionale stabilire la residenza abituale del minore, tenendo conto delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie.


Infine, è stato chiarito che un giudice nazionale può disporre un provvedimento cautelare, come la presa in carico di minori, ai sensi dell’art. 20 del regolamento cit., qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni: tale provvedimento deve essere urgente; deve essere adottato rispetto a persone presenti nello Stato membro di cui trattasi, e deve essere provvisorio.

 

 

Sempre in merito al profilo degli interventi cautelari ai sensi del citato art. 20 del Regolamento «Bruxelles II bis» potrà riportarsi una decisione del Tribunale di Varese:

 

Tribunale Varese, 4 ottobre 2010, disponibile al seguente sito web:

http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/2834.php

 

«Le disposizioni del regolamento 2201/2003 (cd. Bruxelles II) non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del citato regolamento, è competente a conoscere nel merito l’autorità giurisdizionale di un altro Stato membro. E’, dunque, possibile, in caso di urgenza, un intervento del giudice per regolare il diritto di visita di un minore figlio di genitori non italiani, ma residente in territorio italiano».

 

 

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